Gli elettori, per principio, hanno sempre ragione. Una parte della sinistra non sembra però accettare l’esito delle primarie. C’è chi mette sotto accusa Pisapia per non essersi ricandidato o non aver preparato la successione. L’attuale sindaco ha vinto le elezioni del 2011 aprendo una finestra di opportunità per Milano. Il suo stile è sempre stato quello di chi si mette al fianco e incoraggia i processi evolutivi della città senza forzarli e tantomeno orientarli verso obiettivi di parte. Chi oggi lo critica mostra di non aver mai pienamente capito il suo valore. C’è poi chi se la prende con il buon Majorino per non essersi fatto da parte. La sua è stata la campagna più bella, viva, partecipata. Chi desiderava solo nomi imposti dall’alto si è trovato a fare i conti con una parte rilevante di cittadini che ha invece apprezzato questo movimento dal basso.
E’ così, infatti, che si coinvolgono le parti socialmente più periferiche o insofferenti verso i meccanismi della vecchia politica. Questo non lo può certo capire chi considera interscambiabili i suoi voti con quelli della Balzani. Senza Majorino avremmo avuto una campagna più brutta, meno votanti ma, con tutta probabilità, stesso esito. Dopo l’esplicito appoggio di Pisapia i cittadini avevano la possibilità di far convergere in massa i voti sulla Balzani. Andavano convinti loro non Majorino. I dati dell’exit poll del gruppo di ricerca della Statale mostrano, inoltre, come due votanti su tre tra chi ha scelto Majorino e Balzani siano ben disposti a votare Sala. Affermare che c’è una maggioranza di elettori del centrosinistra orfana di una proposta contro quest’ultimo è, quindi, un’infondata forzatura. Tutti gli elementi sembrano anzi indicare che la grande maggioranza degli elettori di centrosinistra avrebbe, se possibile, messo una crocetta sulla collaborazione tra i tre contendenti. Nessuno da solo convince, ma assieme si complementano. Perché, allora, deve vincere la logica dell’esclusione?
Le primarie hanno svolto bene il proprio ruolo, ma si poteva fare di più almeno su due aspetti rilevanti. Curioso che in questa fase post risultati – tutta monopolizzata dalle critiche su cosa avrebbero dovuto fare gli altri in funzione del proprio esito atteso – manchi quasi del tutto l’autocritica sui contenuti e sulla capacità di coinvolgimento dei cittadini. Le due cose sono collegate e la spia della loro debolezza è l’afflusso ai seggi inferiore alle aspettative. Ciò vale ancor più se si considera che uno degli elementi caratterizzanti del risveglio civile di Milano negli ultimi cinque anni doveva essere proprio la partecipazione. Ma deve ancor più far riflettere la modesta mobilitazione dei giovani. L’incidenza della fascia dai 16 ai 29 anni sull’elettorato è attorno al 14 percento, mentre i dati provvisori indicano che i votanti alle primarie di tale età sono stati il 7 percento. Non basta parlare di giovani nei programmi o fare incontri con i giovani simpatizzanti. E’ l’errore che continua a fare la politica italiana che sa parlare solo alla propria componente giovane e non allargarsi davvero alle nuove generazioni. Non è un caso che Majorino sia stato quello che ha raccolto più voti tra i giovani, sia per lo stile comunicativo che per la capacità di attivare dal basso. Se c’è un punto da cui oggi ripartire è proprio questo.