Le nuove generazioni sono il modo attraverso cui la società sperimenta il nuovo del mondo che cambia. Se messe nelle condizioni adeguate, sono la componente maggiormente in grado di coniugare le proprie potenzialità con le specificità del territorio in cui vivono e le opportunità delle trasformazioni del proprio tempo. I giovani sono invece i primi a veder scadere le proprie prerogative e a trovarsi maggiormente esposti a vecchi e nuovi rischi quando i cambiamenti vengono subiti anziché anticipati e governati.
Le difficoltà dei giovani e l’aumento delle disuguaglianze generazionali vanno considerate il segnale principale che la società non sta andando nella giusta direzione, perché è con le opportunità di essere e fare delle nuove generazioni che il cambiamento può diventare miglioramento collettivo. In carenza di sistemi esperti di orientamento e accompagnamento è ancor più elevato oggi che in passato il rischio di perdersi. Sotto la spinta delle trasformazioni demografiche e tecnologiche, ogni generazione si trova a costruire in modo nuovo il proprio percorso rispetto a quelle precedenti, sia perché le età della vita non sono più le stesse, sia perché il mondo cambia e offre sfide inedite (per approfondimenti rinvio al mio libro Il futuro non invecchia, Vita e Pensiero, 2018). Questo fa sì che un giovane di oggi si trovi con molti meno punti fissi di riferimento per immaginare come sarà il proprio futuro e quindi necessita di maggior supporto attivo con strumenti efficaci per costruirlo in modo autonomo e nuovo, con progetti solidi ma obiettivi aperti e continuamente aggiornabili. Ecco allora che se per le generazioni passate il futuro poteva essere facilmente immaginato ma difficilmente cambiato, oggi è notevolmente aumentata la possibilità di cambiarlo ma è molto più difficile poterlo immaginare. Le professioni, ad esempio, svolte oggi sono poco informative sul tipo di attività che un giovane potrà intraprendere quando sarà adulto. Chiedere oggi ad un quindicenne di proiettarsi non all’età dei genitori ma anche solo tra dieci anni (tanto più con la discontinuità prodotta da Covid-19), rischia di produrre insicurezza e apprensione se non si potenziano gli strumenti per comprendere il mondo che cambia e immaginarsi positivamente inclusi nei processi di miglioramento. Questo vale ancor più in Italia e in questo momento storico. Nel nostro Paese, più che altrove, sono entrati in crisi i meccanismi di produzione di nuovo benessere con le nuove generazioni. Chi è giovane oggi si trova ad entrare nel terzo decennio di questo secolo in un Paese con: un debito pubblico su livelli record; un tasso di crescita economica tra i più bassi dal dopoguerra; un indebolimento del peso demografico delle nuove generazioni (conseguenza di un inedito processo di “degiovanimento”); una mobilità sociale inceppata (con conseguenti minori possibilità di migliorare la propria situazione, come confermano anche i recenti dati del Rapporto annuale 2020 dell’Istat). La trasmissione intergenerazionale delle diseguaglianze sociali che caratterizza complessivamente l’Italia ha, poi, ricadute ancora più marcate sui figli di immigrati. Le inefficienze del sistema formativo e del percorso di transizione scuola-lavoro che sperimentano i giovani italiani tendono, in particolare, a produrre fragilità ancor più accentuate su chi ha genitori stranieri, come dimostrano i dati sulla dispersione scolastica e sull’incidenza dei NEET (gli under 35 che dopo aver lasciato gli studi non riescono a inserirsi nel mondo del lavoro). Alta è però anche l’eterogeneità interna, con molti esempi di successo formativo e professionale che si manifestano quando sono offerte condizioni adatte. Quello che deve, allora, riscoprire l’Italia è soprattutto il valore che le nuove generazioni ‒ qualsiasi sia la condizione e la provenienza ‒ possono dare quando esprimono pienamente le proprie potenzialità e sono aiutate a superare le proprie fragilità. I giovani devono poter aggiungere valore con la propria novità, accendendo il proprio sguardo originale sul mondo e offrire soluzioni inedite alle sfide del proprio tempo. Compito delle nuove generazioni è andare oltre il presente, mentre il compito delle più mature è consentire ad esse di poterlo fare nel modo migliore. Questo ci porta al ruolo delle nuove generazioni e alla funzione del rinnovo generazionale. Si tratta di una questione irrisolta nel nostro Paese, nel quale i giovani sono visti più come figli singoli da proteggere, che come bene collettivo su cui tutta la società ha convenienza ad investire. Siamo una delle economie avanzate che più hanno preteso di crescere in questo secolo lasciando ai margini i giovani (come testimoniano i dati del Rapporto giovani 2020 dell’Istituto Toniolo). Ma dove può trovare l’Italia ‒ ancor più nello scenario post-Covid-19 ‒ la possibilità di sviluppo competitivo, di rendere sostenibile il sistema sociale e ridurre il debito pubblico, se non dal pieno contributo attivo e qualificato delle nuove generazioni?