I millennials non votano per partito preso

Il dato che sconforta di più è quello dei giovani, ai quali le due coalizioni principali hanno teso una mano floscia durante la campagna elettorale.

Durante la campagna elettorale si è spesso detto che Sala e Parisi si somigliano. Nel primo turno hanno staccato tutti gli altri ottenendo un’analoga percentuale di voti. Persino nel confronto di Sky hanno conquistato consensi praticamente uguali. Molto diverso è però il mondo politico a cui fanno riferimento e, di conseguenza, la Milano che rappresenteranno nei prossimi cinque anni. Tale differenza emerge in modo chiaro quando si confrontano i campioni delle preferenze nelle singole liste. Nel centrodestra i nomi sono quelli di Gelmini, Salvini e Decorato, mentre per il centrosinistra troviamo Majorino, Del Corno e Tajani. Nel secondo turno più che pensare a Renzi o al candidato sindaco, dovremmo allora decidere quale desideriamo prevalga tra questi due mondi e tra le corrispondenti concezioni della Milano sociale ed economica. Questa differenza gli elettori non l’hanno capita fino in fondo e i due candidati sindaco non sono riusciti (più Sala) o non hanno voluto (più Parisi) farla capire.

Il dato che sconforta di più è quello dei giovani, ai quali le due coalizioni principali hanno teso una mano floscia durante la campagna elettorale. Non può certo consolare il fatto che nemmeno il Movimento 5 stelle a Milano sia riuscito ad agganciarli con forza. La maggioranza dei ventenni e trentenni non è andata a votare. Come si può pensare di guidare una città come questa senza il coinvolgimento attivo delle nuove generazioni? Rischiamo di essere un paese per vecchi non solo per motivi demografici ma anche per una politica che non vuole o non sa avvicinare i giovani.

Sala è andato leggermente meglio di Parisi, grazie anche all’Expo e all’operato di alcuni assessori uscenti, in particolare proprio quelli che hanno ottenuto miglior riscontro di preferenze. Ma, come abbiamo scritto più volte in queste pagine, serviva una marcia in più, un modo diverso non solo di rivolgersi ai giovani ma di offrire ad essi la possibilità di coinvolgersi.

Il non averlo fatto è una colpa che rischia ora di pesare sul futuro della città. Si è preferito fare l’occhiolino a Mardegan, in stile vecchia politica, che pensare ad un serio piano di confronto ed inclusione delle nuove generazioni.  Se ora Sala dovesse perdere, anche la parte dei giovani che hanno creduto in una Milano nuova si troverebbe con sentimenti di forte risentimento nei confronti di una strategia politica che ha dilapidato tutto. Anche un Parisi vincente farebbe fatica a quel punto a recuperare dai giovani la carica in più di energia che serve per rendere vitale e innovativa questa città.

Quello che mobilità i Millennials è la chiamata a produrre e sostenere il cambiamento. Il loro voto può essere a favore di chi governa se viene chiesto, in modo coinvolgente e credibile, un mandato a continuare a cambiare la città nella giusta direzione. Altrimenti il voto è contrario per ottenere un cambiamento nella guida della città. L’astensione è invece l’esito di una offerta politica indistinguibile nella sostanza o nel complesso poco convincente. A differenza dell’elettorato più maturo, i Millennials non votano per partito preso. Non è però nemmeno vero che se non hanno votato al primo turno non voteranno nemmeno al secondo. Lo faranno solo se percepiranno di poter fare la differenza nel determinare un risultato desiderabile. Ai due mondi dietro Sala e Parisi il compito di dimostrare il valore e la posta in gioco di tale scelta.

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