Il cammino di preparazione del Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani è diventato l’occasione per la realizzazione di una delle esperienze, in assoluto, più ampie e interessanti di ascolto delle nuove generazioni di tutto il pianeta.
Molti e diversificati sono stati gli strumenti predisposti a questo fine. Si è partiti con il questionario destinato alle Conferenze Episcopali e ad altri organismi ecclesiali, attraverso il quale si sono chiesti dati su caratteristiche e condizioni dei giovani, assieme a informazioni su come le varie diocesi e le varie realtà ecclesiali di tutto il mondo interpretano concretamente la sfida del mettersi in relazione con le nuove generazioni.
Come novità specifica di questo Sinodo, si è inoltre aggiunta la volontà di rivolgersi direttamente ai giovani stessi. Un secondo strumento messo in campo è stato allora un questionario online, proposto in varie lingue, che ha consentito di raggiungere un’ampia numerosità di giovani di tutto il mondo. L’ascolto attivo richiede però anche incontro e confronto diretto. Una risposta in questa direzione è arrivata dal Seminario internazionale sulla situazione giovanile tenuto a Roma a settembre dell’anno scorso, pensato come occasione di condivisione conoscitiva e di discussione tra esperti di varie discipline e giovani provenienti da tutti i continenti. Il punto più avanzato del processo di ascolto attivo e partecipato è stato, infine, la recente riunione pre-sinodale a cui hanno preso parte 300 giovani di tutto il mondo (e 15mila attraverso i social). Per una settimana tali partecipanti si sono confrontati elaborando riflessioni confluite in un documento che ben esprime (con dubbi, incertezze, desideri e speranze) pensieri ed esperienze dei giovani del XXI secolo. Questo materiale – consegnato direttamente nelle mani di papa Francesco – costituirà, come ha affermato il Cardinale Baldisseri, una delle principali fonti per la stesura dell’Instrumentum laboris del Sinodo.
Il documento del meeting pre-sinodale rappresenta molto bene il desiderio dei giovani di essere capiti, di sentirsi soggetti di valore, in grado di gestire positivamente le proprie fragilità e potenzialità, trovando attorno modelli di riferimento, comunità supportive, occasioni per fare esperienza positiva di se stessi in relazione con gli altri. Emerge in modo chiaro il non voler chiudersi in difesa rispetto a rischi e difficoltà, ma imparare a gestire la complessità, a riconoscere valore nella diversità, a guardare con fiducia nel futuro.
Si tratta di un ritratto molto coerente – declinato con le specificità strutturali e culturali del nostro paese – con le analisi proposte in questi anni dall’Istituto Toniolo attraverso il “Rapporto giovani”. La quinta edizione – edita da Il Mulino e in uscita in libreria in questi giorni – oltre ad aggiornare il quadro sulla condizione giovanile, contiene approfondimenti sulla scuola, sulla partecipazione sociale e politica, sull’atteggiamento verso l’immigrazione, sul ruolo delle nuove tecnologie, sulla religiosità. Da filo conduttore fa il tema dei valori, inteso nella sua accezione più ampia.
Come il percorso stesso del Sinodo ha ben messo in evidenza, ogni generazione ha un proprio valore che va riconosciuto, nelle sue specificità, dalle generazioni precedenti e messo nelle condizioni di dar frutto rispetto alle sfide del proprio tempo. E’ necessario, pertanto, un reciproco riconoscimento di valore: le nuove devono riconoscere il valore di quello che hanno ricevuto, le vecchie devono riconoscere e aiutare a promuovere il nuovo valore di cui le nuove generazioni sono portatrici.
Fino a che punto questo sta avvenendo in Italia? Quale valore hanno i giovani per le aziende italiane? Quale per la politica italiana? Quale per insegnanti ed educatori? Quale per i giornalisti? Per la Chiesa? Per i genitori? Sono prevalentemente manodopera a basso costo di cui ci si può facilmente disfare? Sono potenziali elettori da cui ottenere consenso e cittadini ancora inconsapevoli su cui scaricare i costi di rendite da conservare? Sono studenti con bassa attenzione e alta insofferenza verso metodi consolidati? Sono un tema di cui trattare sui quotidiani con facili luoghi comuni da dare in pasto all’opinione pubblica? Sono fedeli da conquistare e contenitori di valori tradizionali da riempire? Sono figli da proteggere contro tutto e contro tutti?
E quale valore hanno i giovani per se stessi? Se vale quanto sopra, rischiano di passare in pochi anni da adolescenti desiderosi di accendere il mondo con le proprie passioni a tardo ventenni opachi, temporeggiatori, disillusi.
Fortunatamente la realtà italiana è molto più complessa e articolata rispetto a questo ritratto. Ci sono aziende consapevoli del fatto che il proprio successo dipende dalla valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni. Ci sono politici che considerano i giovani il bene comune principale su cui investire. Ci sono educatori che fanno molto più di quanto loro richiesto per aiutare a tirare fuori il meglio di quanto i ragazzi possono esprimere. Ci sono giornalisti che fanno uno sforzo in più per capire una realtà complessa. Ci sono sacerdoti e suore che operano dal basso per costruire esperienze di valore con adolescenti di ogni credo. Ci sono genitori che sanno stare un passo indietro rispetto alle proprie aspettative sui figli.
Tutto ciò però accade ancora in modo troppo occasionale e limitato, stenta a diventare sistema. Manca un processo solido che punti con determinazione a porre le nuove generazioni al centro di una comunità che si rinnova e che incentiva ogni sua parte a contribuire nel modo migliore.
E’ allora interessante osservare come i dati del Rapporto giovani mettano in luce, in generale, una grande voglia di non rassegnarsi e chiudersi in difesa; di poter contare di più, sia nella possibilità di operare scelte che riguardano la propria vita, sia nelle decisioni collettive. Più spesso, rispetto agli altri paesi europei, si trovano però in una condizione di disorientamento che frena tali scelte. Riguardo al futuro professionale, chi dichiara di avere un’aspirazione ma teme di non riuscire a realizzarla è pari al 40,7%, rispetto al 35,3 dei coetanei spagnoli, al 33,6% dei francesi e valori sotto il 30% di inglesi e tedeschi. Questo dato si riflette anche sulla realizzazione di altri progetti di vita, come conquistare una piena autonomia e formare una propria famiglia. Difficoltà che fanno aumentare la sfiducia verso le istituzioni ma non fanno scadere, per i più, nella rassegnazione. Il 73,8 percento degli intervistati ritiene che sia ancora possibile impegnarsi in prima persona per cercare di far funzionare meglio le cose in Italia. La grande maggioranza, il 67,7 percento, presenta una predisposizione positiva al cambiamento. Anche rispetto a temi come l’immigrazione, la preoccupazione non riguarda il fenomeno in sé ma come viene gestito. Rispetto alla componente regolare solo circa il 33 percento pensa che peggiori sicurezza ed economia del paese. Il favorire il confronto multiculturale e l’educare al riconoscimento di valore della diversità è un punto sottolineato con forza nel documento pre-sinodale.
In definitiva, i giovani vorrebbero essere riconosciuti non per quello che manca e che il passato non può più assicurare, ma attraverso quello che essi possono essere e dare nel contribuire assieme alla costruzione di un futuro migliore, facendolo diventare un luogo nel quale poter portare con successo proprie sensibilità, passioni e valori.