C’è un mondo nuovo da costruire dopo la crisi sanitaria. La pandemia, con i suoi rischi e le sue implicazioni ci costringe a farlo, forzandoci a rimettere in discussione molti dei punti di riferimento su cui era costruita la nostra quotidianità passata in termini di vita privata, sociale, scolastica, lavorativa. Ma questo tempo e questa prova possono essere trasformati in un’opportunità unica per guardarci individualmente dentro e guardare collettivamente oltre. La crisi ci dice, al massimo, cosa non possiamo più essere e fare, ma sta a noi decidere cosa diventare dopo questa esperienza. La Bibbia è piena di momenti di passaggio, di abbandono di un luogo e di una condizione per assumere l’impegno di un nuovo inizio. La Pasqua stessa ha alla base un desiderio di rinnovamento che trasforma quello che la realtà ci presenta come un fallimento o una perdita in rinascita che apre nuovi orizzonti di senso e di valore.
Nel nuovo orizzonte saranno soprattutto i giovani a dover riprogettare le proprie vite, a dare spinta e direzione ad un nuovo percorso comune. L’indagine promossa dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, condotta da Ipsos a fine marzo, aiuta a capire come le nuove generazioni interpretano questo passaggio collettivo e come si inserisce nel loro passaggio verso la vita adulta.
I dati allora ci dicono che se, come evidenziato in varie ricerche passate, le generazioni italiane presentavano una forte incertezza nei confronti del futuro, il nuovo scenario creato dalla pandemia ha aggiunto un ulteriore strato di incertezza, che può scendere in profondità e diventare insicurezza se non gestito nel modo adeguato.
E’ importante notare come la crisi sanitaria non sia considerata solo una emergenza temporanea a cui resistere per tornare a vivere come prima, ma venga letta come una discontinuità nei percorsi individuali e nei modelli sociali e di sviluppo. Conta quindi come verrà gestita l’emergenza ma anche le premesse poste come prospettive sul dopo. L’adozione da parte del Governo di misure eccezionali di interesse generale e la situazione di emergenza da affrontare in modo compatto – nonostante qualche improvvisazione e contraddizione – portano gli intervistati a rafforzare più che a ridurre la fiducia nell’esecutivo: a fronte di un 27,3% che afferma di aver rivisto al ribasso il giudizio, il 29,7% lo ha invece migliorato. Più critico risulta, invece, il giudizio verso i partiti: il 40% ha accentuato la sua visione negativa nei loro confronti. Evidentemente, in un momento così grave, ad essere apprezzate più che divisioni e strumentalizzazioni sono le posizioni responsabili.
Del resto, la prova che l’Italia deve affrontare richiede fiducia e responsabilità da parte di tutti, cittadini e istituzioni. Forti sono, infatti, le preoccupazioni sulla tenuta del Paese e sulle condizioni sociali. Quasi due giovani su tre si aspettano conseguenze complessivamente negative, soprattutto sulla dimensione economica e occupazionale. Ma inquietano anche le possibili ricadute sul reddito delle famiglie, sulla tenuta del welfare pubblico e sull’inasprimento delle diseguaglianze. Se gli intervistati intravedono aspetti positivi sul campo delle nuove tecnologie (smart working, commercio online, competenze digitali), meno chiaro è come evolverà lo scenario rispetto alle relazioni sociali e alla cura del bene comune. Ma proprio su questi aspetti si giocherà la differenza tra un paese che dimostra di avere risorse personali e collettive per guardare oltre i limiti del passato e rigenerarsi e uno invece che si accontenta di adattare il declino ad una nuova normalità.
Gran parte dei giovani intervistati sembra voler scommettere sulla prima opzione. Prevalgono decisamente, infatti, gli intervistati che dicono che in questo periodo hanno scoperto di poter contare maggiormente su sé stessi e sugli altri, di sentirsi più capaci di far fronte a cambiamenti e riconoscere nuove opportunità, di dar maggior valore alla vita. Questa energia positiva può diventare la miglior spinta del paese per un nuovo inizio.