Le nuove tecnologie interagiscono con i processi di apprendimento delle nuove generazioni e la visione del proprio spazio strategico di azione nella realtà in cui vivono. Il rapporto tra giovani e nuove tecnologie va quindi considerato come un laboratorio continuo in cui approfondire conoscenza, modalità di uso, competenze e consapevolezza rispetto ai rischi. Tutto ciò che non funziona nel favorire in modo positivo tale relazione porta i giovani a subire il cambiamento anziché attrezzarsi a governarlo. Il cambiamento non porta in modo scontato a miglioramento. E’ cruciale, allora, chiedersi continuamente come le nuove generazioni interpretano le nuove tecnologie e cosa si aspettano dal loro utilizzo.
Il libro “Intelligenza artificiale: rischi e opportunità” – edito in formato ebook da Vita e Pensiero e curato da Ivana Pais, Andrea Viola e Elena Beccalli, rettrice dell’Università Cattolica, oltre a chi scrive – cerca di offrire indicazioni utili in tale prospettiva. Lo fa in modo solido a partire dai dati di un’indagine promossa dall’Istituto Toniolo e condotta da Ipsos su un campione rappresentativo di 6 mila giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.
Nella prefazione del volume padre Benanti ben chiarisce che “l’obiettivo è fornire ai giovani gli strumenti per comprendere, valutare e utilizzare in modo consapevole e responsabile le tecnologie emergenti, contribuendo a plasmare un futuro in cui l’Intelligenza artificiale sia al servizio del benessere umano e sociale. Dal punto di vista di un eticista della tecnologia come il sottoscritto il testo ha un valore che emerge all’incrocio tra i dati evidenziati dalla ricerca e la cura delle nuove generazioni, una cura che siamo chiamati ad avere per garantire agli adulti del futuro un sereno ed equilibrato rapporto con le tecnologie digitali”.
Dai dati emerge come i giovani tendano ad avere aspettative positive nei confronti di Intelligenza artificiale (IA), soprattutto sul versante dell’apprendimento e sull’efficacia operativa, mentre i principali timori riguardano la sicurezza e la privacy, in particolare la gestione irresponsabile dei dati privati. L’impatto ambientale per l’elevato consumo energetico richiesto dall’IA, così come le disuguaglianze sociali derivanti dall’accesso diseguale alle nuove tecnologie, sono invece sottovalutati.
Il 53% dei giovani italiani dichiara di usare strumenti di IA, in particolare chatgpt. Si tratta, quindi, della maggioranza ma il dato è comunque più basso rispetto ai coetanei degli altri paesi considerati.
Un aspetto importante messo in luce dall’analisi è il fatto che conoscenza e uso influenzano la percezione. In particolare, chi più conosce e utilizza le nuove tecnologie più tende a guardarle con meno sospetto e più ne riconosce le opportunità. Il nostro paese sembra però fare un po’ eccezione: i giovani italiani, nel confronto con gli altri paesi, si caratterizzano non solo per una minor conoscenza e un minor utilizzo ma anche per più basso livello di percezione del rischio. Questo dato deve far riflettere perché segnala il rischio di un atteggiamento fiduciario verso le tecnologie non adeguatamente sostenuto dalla sperimentazione diretta di effettivi limiti e potenzialità.
E’ pertanto importante aumentare e migliorare le occasioni di accompagnamento ad esperienze condivise di utilizzo consapevole a partire dalla scuola, per fare in modo che l’IA possa davvero diventare uno strumento positivo ed utile nella vita e nel lavoro.