C’è un pianeta da salvare, c’è un impegno per il bene comune da riscoprire, c’è una consapevolezza dell’importanza di agire oggi per un futuro migliore da rafforzare, c’è un protagonismo positivo delle nuove generazioni che torna a soffiare. Tutti questi elementi combinati insieme stanno alla base della chiamata alla discesa in campo, contro il riscaldamento globale e a favore dello sviluppo sostenibile, dei giovani di tutto il mondo. Il “Global strike for future” di venerdì 15 marzo non è, infatti, solo la discesa in piazza di un giorno, ma sembra avere tutte le caratteristiche per diventare la prova generale di mobilitazione trasversale da parte di una generazione che vuole sperimentarsi come lobby positiva per il futuro di tutti. C’è, alla base, l’ambizione di incidere sulle scelte delle attuali generazioni adulte e forzarne l’azione verso la salvaguardia di un pianeta vivo e sano da consegnare alle generazioni che ancora devono nascere.
L’importanza del tema e l’urgenza di agire sono confermate dai dati di un’indagine promossa dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo e realizzata da Ipsos a fine 2018, ovvero qualche mese prima dell’infiammata al dibattito pubblico data dall’intervento della giovane attivista Greta Thunberg alla conferenza internazionale sul clima di Katowice. Si tratta quindi di dati particolarmente utili per capire l’atteggiamento delle nuove generazioni verso questo tema e non condizionati dall’attenzione recente data dai mass media.
Per gli intervistati la questione ambientale è trasversale ma sentita con maggior sensibilità proprio da parte dei più giovani. In particolare, i cambiamenti climatici vedono più attente e preoccupate le nuove generazioni per il 38.4% dei rispondenti. Chi ritiene che inquietino di più i sonni degli adulti è il 24,1%, mentre un 25,9% non vede molta differenza tra le varie età.
I giovani italiani sembrano inoltre possedere una forte convinzione del fatto che l’impatto principale sul riscaldamento globale sia da ricondurre all’attività umana. A pensarlo è la grande maggioranza, pari al 56,3%, mentre sono solo il 4,7% i negazionisti, a cui si aggiunge un 5,7% di chi attribuisce la causa soprattutto ai processi naturali. Uno su tre assegna una responsabilità equamente divisa tra azione antropica e altre cause. Nel complesso, quindi, quasi il 90 percento dei giovani intervistati ritiene che i nostri comportamenti facciano la differenza.
L’attenzione verso l’ambiente fa parte di una più generale preoccupazione verso la vita sul pianeta e lo sviluppo sostenibile. Ben il 72,2% condivide gli obiettivi posti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e afferma di avere stima per chi opera ai vari livelli per la loro realizzazione. Oltre due intervistati su tre arrivano a definirsi “indignati” per quanto poco si faccia, al di là di proclami e retorica, per promuovere un vero sviluppo sostenibile. Quasi il 60 percento pensa che non si debba aspettare e si sente felice di poter agire in prima persona per far progredire tali obiettivi. Solo una parte minoritaria appare tiepida (20,2%) o disinteressata (13.7%) a dare il proprio impegno in questa direzione ora e in futuro.
Lo sciopero globale di venerdì 15 marzo intercetta quindi interesse e sensibilità di un’ampia parte dei giovani, ma può anche far leva su una loro particolare disponibilità a mobilitarsi, a rafforzare la propria consapevolezza e ad agire su questi temi. Rendere meno pesante l’impronta ecologica dell’umanità sul pianeta è il modo attraverso cui la generazione di Greta sembra voler lasciare la propria impronta nella storia.