Lavoro e reddito sono saldamente in cima alle preoccupazioni degli italiani, come continuamente ribadito da varie indagini che sondano il clima sociale del Paese. Del resto ci sono dati oggettivi che stanno alla base di tali assilli. Siamo uno dei paesi avanzati che – prima, durante e dopo la recessione – crescono di meno e che presentano tassi di occupazione tra i più bassi, soprattutto sul versante giovanile e femminile. Non meraviglia, quindi, che i dati dell’indagine SWG pubblicati ieri su queste pagine indichino il binomio “insicurezza economica” e “incertezza lavorativa” come i freni principali percepiti all’aver figli in Italia.
Come mostrano varie altre ricerche, i membri delle nuove generazioni desiderano far crescere i figli in un contesto di sicurezza, con adeguate cure e benessere. Le difficoltà, però, che trovano nell’entrare nel mondo del lavoro, nello stabilizzare il proprio percorso professionale, nel raggiungere una certa stabilità di reddito (che consenta di affrontare i costi dell’affitto o l’accesso ad un mutuo), sono diventate ostacoli predominanti nella realizzazione dei loro progetti di vita.
Il riscontro arriva dai recenti dati Istat che evidenziano come la bassa fecondità italiana sia soprattutto da imputare al crollo delle nascite prima dei 30 anni. A cui segue la difficoltà ad armonizzare tempi di lavoro e tempi familiari dopo l’arrivo del primo figlio. E’ infatti interessante notare come il binomio “carenza di servizi alla famiglia” e “difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia” risulti nell’indagine SWG indicato come ulteriore freno dopo l’ostacolo del lavoro.
Di tutto rilievo è, inoltre, il fatto che un intervistato su tre consideri il calo demografico, in sé, come una delle maggiori priorità che il paese dovrebbe affrontare. Tanto più se si considera che la questione più problematica non è la diminuzione della popolazione, ma gli squilibri strutturali determinati dalla denatalità – in termini di rapporto tra numero di anziani e popolazione in età attiva – che frenano la crescita economica e rendono sempre meno sostenibile il sistema di welfare pubblico.
In questo senso, particolare valore acquisisce anche il 40% di chi considera la bassa natalità sul piano di (e intrecciata con) molti altri nodi che il Paese si ritrova. In primis proprio l’incertezza su lavoro e condizioni economiche, che porta a spostare in avanti (e ad un certo punto anche a mettere da parte) tutto il resto.
Chi non considera, invece, grave il deficit demografico è il 27 percento degli intervistati, ma si sale al 36 percento tra i 25 e i 44. Quest’ultima è la fascia su cui si concentrano maggiormente le preoccupazioni sul lavoro e sulle finanze familiari. Ma è anche quella investita dalla recessione proprio nella fase di costruzione dei propri progetti di vita e professionali. Una condizione che, in combinazione con inadeguate e carenti politiche di supporto, ha lasciato scendere in profondità un forte senso di insicurezza.
I dati di una recente ricerca dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, confermano come resista un’ampia maggioranza di chi considera l’arrivo di un figlio un traguardo positivo per la propria vita. Ma è anche vero che negli ultimi anni sembra essere cresciuta la disponibilità ad accettare la rinuncia ad avere figli, in particolare tra chi ha minori risorse socio-culturali e trova più difficoltà ad inserire la maternità e la paternità in un percorso positivo di sviluppo personale. Soprattutto i giovani in condizioni più svantaggiate, in un contesto di bassa mobilità sociale, si trovano oggi schiacciati in un presente con basse prospettive che porta non solo a ridurre gli obiettivi futuri raggiungibili ma anche il valore assegnato ad essi (minimizzando così il costo psicologico del non raggiungerli).
Questi dati evidenziano il rischio, in assenza di solide politiche, di avviarsi verso un futuro in cui la scelta di avere un figlio diventa sempre più minoritaria, limitata a chi ha forti motivazioni proprie e appartiene alle classi sociali più benestanti. Lo scenario di un paese sempre meno vitale e sempre più squilibrato.