Bello vedere che ora in molti ci credono. Expo può essere un successo e Milano può trarne grande beneficio. Dopo la buona partenza l’atteggiamento di molti critici e scettici della prima ora appare in sensibile mutamento. Non che siano diventati tutti ottimisti ma si sono drasticamente ridotti coloro che danno apertamente per scontato che sia stato un errore farla e che alla fine il bilancio sarà negativo. Persino sul sito lavoce.info è uscito un editoriale che senza negare i giudizi negativi del passato – alcuni fondati ma altri eccessivamente sprezzanti – compie una ampia virata verso l’incoraggiamento ad andare avanti bene. Archiviate le stroncature senza appello si invita saggiamente a non tifare contro, a non opporsi ma a contribuire tutti all’impresa. L’Expo ha certamente profonde e durature ricadute che non possono essere limitate ad un banale esercizio contabile, è quindi un bene che siano in crescita gli economisti in grado di riconoscere che esiste anche un più profondo e duraturo valore culturale dell’evento.
La cosa più bella è oggi vedere i volti e ascoltare i commenti dei bambini che visitano i padiglioni. Sarebbe interessante sentire gli economisti come monetizzano le emozioni suscitate e le impressioni lasciate. Dopo il primo maggio 2015 sarà per essi più facile dire “Milano è bella” e pensare “a Milano si può fare”. Ma non dobbiamo oggi però nemmeno esagerare con l’entusiasmo. A leggere gli articoli di molti giornali pubblicati subito dopo avere toccato con mano l’avvio favorevole, sembra che Milano sia improvvisamente diventata il modello da seguire per sconfiggere tutti i mali del Belpaese. Non è così e la metropoli ambrosiana rimane anzi una anomalia nel quadro italiano. Nei prossimi decenni conteranno sempre meno i confini tra paesi; la competizione avverrà soprattutto tra le grandi città e si giocherà sulla capacità di attrarre talenti. In questa competizione Milano deve dimostrare che vuole esserci. I grandi eventi possono aiutare nel rendere la città attrattiva, ma la vera sfida si gioca nei periodi “normali”.
Più che entusiasmarsi per il felice abbrivio è quindi oggi già tempo di pensare alla rotta da seguire dopo che il vento di Expo smetterà di soffiare. Se Milano vorrà mantenere una propria posizione di rilievo nel mondo dovrà passare dall’attenzione all’Expo a quella per gli Expat. Chi sono gli Expat? E’ il nome che si sono dati i giovani della generazione in movimento. Sono coloro che quando pensano alle opportunità da cogliere non aspettano guardando dalla finestra cosa accade nel quartiere sotto casa ma sono permanentemente connessi con il resto del pianeta attraverso la Rete e hanno una pulsione interiore a muoversi dove le cose accadono e possono intravedere un loro originale contributo a farle accadere. Chi riuscirà ad essere più attrattivo verso gli Expat e riuscirà a farli diventare un ponte verso il mondo sarà vincente. Milano deve ripensarsi in coerenza con le nuove sfide globali e con le nuove sensibilità delle nuove generazioni, non c’è altra via per avere successo.
Cosa offrirà nei prossimi anni questa città ai 12enni che oggi guardano a bocca aperta i padiglioni di Expo? Dove saranno nel 2025 e quale rapporto avranno con Milano? Questa domanda è cruciale per il nostro futuro e questo è il momento giusto per porsela. Dai candidati a sindaco aspettiamo una risposta.