Se in Italia si nasce sempre meno è perché sempre meno persone diventano genitori. Un motivo della riduzione di madri e padri è la stessa bassa natalità. Quando la denatalità persiste per vari decenni, come accade in Italia, si ottiene un progressivo restringimento delle generazioni che entrano nell’età fertile.
Un secondo motivo è l’indebolimento della propensione ad avere figli. Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro della crisi demografica. Tutti i paesi del vecchio continente si trovano sotto la media dei due figli per coppia, insufficiente a garantire un adeguato rapporto tra vecchie e nuove generazioni. La Francia è preoccupata per il tasso sceso attorno a 1,8. Le istituzioni europee sono molto preoccupate per il livello Ue sceso a 1,5. L’Italia da quarant’anni si trova tranquillamente sotto quest’ultimo valore e negli ultimi quindici anni è scesa ulteriormente, fino al recente 1,2.
Oltre a risultare il paese con maggior riduzione del potenziale di popolazione in età fertile (che coincide con la fascia più giovane della forza lavoro), l’Italia detiene anche il record del rinvio dell’età in cui si inizia ad avere figli. Al processo di posticipazione si associa anche un aumento della quota di donne che rimangono definitivamente senza figli (childless), arrivata in prospettiva a superare 1 su 4 per le nate dagli anni Ottanta in poi.
Il fenomeno, beninteso, non riguarda solo le donne ma anche gli uomini e le coppie. Per le donne la percentuale di childless è più facile da stimare già attorno ai 45 anni, dato che la possibilità di avere una gravidanza oltre tale età risulta molto bassa.
Le persone che rimangono definitivamente senza figli possiamo distinguerle in 3 gruppi. Il primo è quello di chi è sterile o ha un partner sterile. Nel passato era il gruppo prevalente, oggi è minoritario all’interno delle childless. Inoltre le procedure di adozione e le tecniche di procreazione assistita possono ulteriormente ridurlo. Il secondo è quello delle childfree convinte, ovvero delle persone del tutto non interessate ad avere figli. Anche questo gruppo è minoritario ma in aumento come dimensione e visibilità. Il terzo, quello più ampio, è formato da chi aveva il desiderio di avere figli ma per varie circostanze alla fine non li ha avuti. Questo gruppo è molto eterogeneo per la combinazione diversa tra forza più o meno intensa del desiderio e tipo di circostanze incontrate. E’ anche quello in cui maggiormente può avere efficacia l’azione delle politiche pubbliche. Avere figli è sempre meno considerato, anche sul versante femminile, come un obbligo e come condizione imprescindibile per sentirsi realizzati. Ma è anche vero che è generalmente condiviso il desiderio di avere la possibilità di realizzarsi in modo pieno sia nella sfera lavorativa che personale e familiare. Non, invece, dover scegliere a cosa rinunciare per carenza di strumenti e condizioni adeguate.
Ed è proprio la capacità di dare risposte solide e convincenti a questa aspirazione a fare la differenza tra paesi poco sotto la media dei 2 figli e paesi poco sopra 1 come l’Italia.