I giovani hanno, in generale, una gran voglia di mobilitarsi. Cercano occasioni per mettersi alla prova e mostrare che grazie al loro contributo le cose possono cambiare. Vale in tutti gli ambiti, nella vita privata, nel mondo del lavoro, nella partecipazione sociale e in quella politica. I Millennials sono però una generazione non facile da coinvolgere, pur presentando una forte domanda di partecipazione. Rispetto alle generazioni precedenti funziona molto meno il senso di appartenenza ad una associazione o a un partito. Viceversa, sono più disposti a spendersi su istanze specifiche, per il loro valore in sé e per il tipo di protagonismo che consentono di esprimere.
Nelle precedenti elezioni amministrative per il Comune di Milano questa voglia di esserci e di fare la differenza ha trovato la possibilità di realizzarsi. In quell’occasione i ventenni si sono sentiti chiamati a dare la propria spinta esuberante per far iniziare alla città una stagione diversa. Hanno sentito un “abbiamo bisogno di voi” che non era semplicemente un “abbiamo bisogno di voti”. C’era un vento che stava cambiando e c’è stata da parte loro un’ampia disponibilità ad alzare la propria vela anche solo per l’ebbrezza di capire dove poteva portare. E’ però ora ingenuo pensare che il giudizio positivo su quell’esperienza e sul governo di questi anni porti a confermare in modo scontato il voto sulla coalizione di centro-sinistra. La recentissima survey online esplorativa condotta sui cittadini tra 16 e 35 anni nell’ambito del progetto “MYC – Milan Young Citizens”, promosso dalla Fondazione Brodolini e dal Comune di Milano, evidenzia come pochi siano inseriti formalmente in organizzazioni partitiche e sindacali. Nelle nuove generazioni l’appartenenza è infatti più fluida rispetto a quella dei propri genitori, fa parte di un processo riflessivo all’interno del quale tutto viene rimesso continuamente in discussione. Anche il loro voto è, di conseguenza, molto più fluido e quindi ancor più prezioso quando il risultato finale è incerto. Qualsiasi sia stato il loro comportamento elettorale passato, possono oggi tranquillamente non votare, votare convintamente per un candidato, votare contro per protesta. Possono anche decidere all’ultimo momento e far saltare tutte le previsioni, come è già accaduto in passato con buona pace dei sondaggisti.
Le attuali forze politiche, tranne forse il Movimento di Grillo-Casaleggio su alcuni aspetti, non hanno chiara consapevolezza di come intercettare e soddisfare la domanda di partecipazione delle nuove generazioni, come portarle dall’indifferenza a fare la differenza. Sanno che le modalità tradizionali non funzionano più ma continuano ad agire come se fossero le uniche possibili. Il loro raggio d’azione stenta quindi ad andar oltre la stretta cerchia dei propri giovani tesserati. Sono come il pescatore che non ha chiaro dove buttare la rete e alterna, così, molte pesche povere con qualcuna inaspettatamente abbondante.
La partecipazione sociale e politica dei giovani mescola ragione ed emotività. Conta la concretezza e l’autorevolezza di chi presenta l’offerta, ma anche il saper toccare i temi giusti con le corde giuste e il saper coinvolgere. Programmi elettorali e resoconti di quanto si è fatto di buono in passato – come amministrazione, per Expo o altro – non funzionano se non inseriti in una narrazione aperta che sia anche invito ad un nuovo viaggio.