Poter ragionare e confrontarsi sulle idee per la città, questo è il motivo per cui Milano non ha voluto rinunciare alle primarie, nemmeno in cambio di un eventuale nome considerato “sicuro”. I politici vogliono soprattutto vincere, mentre l’obiettivo dei cittadini è essere ben governati. Non accontentiamoci, allora, di prendere quello che la politica è disposta a darci ma pretendiamo quello che pensiamo la nostra città abbia bisogno. Certo, le primarie si possono anche fare male e possono anche far male. Ma è proprio questa mentalità che affonda l’Italia, ovvero la malsana convinzione che se una cosa potenzialmente utile non funziona bene vada eliminata anziché impegnarsi a farla funzionare meglio. Viva quindi le primarie. Forse non diventeranno le primarie più belle d’Italia, ma quello che senz’altro è bello è che Milano non smetta mai di provare a dare il meglio.
Topic: ulteriori temi demografici
Sei milioni di coppie libere, record al nord
Articolo di Alessandro Rosina che fa il punto su dati, caratteristiche e diffusione delle unioni libere in Italia.
Il Mattino, 15 gennaio 2016, Pg. 1 e 5.
Le elezioni per scegliere la Milano del 2020
Con il confronto pubblico tra Majorino e Sala al cinema Anteo, si apre stasera la competizione per designare il candidato del centrosinistra. Una cosa è certa, Milano rispetto a cinque anni fa è molto più convinta delle proprie potenzialità, grazie a Pisapia, grazie ad alcuni suoi assessori chiave, grazie all’esito positivo di Expo, ma prima di tutto, sia chiaro, grazie a se stessa. La città è scesa in campo con la voglia di liberare le proprie energie positive e di dimostrare al mondo, nonostante la crisi, di saper far proprie le sfide del XXI secolo.
Dal fallimento delle startup la chiave della crescita
L’Italia deve ripartire dopo un periodo di bassa crescita interrotto da una prostrante crisi ormai quasi alle spalle. Ma da dove e come ripartire? Tra le poche e confuse idee che circolano sulla risposta da dare, le convinzioni più forti indicano come fattore di traino per il rilancio le aree economicamente più dinamiche e le nuove generazioni. Sul come fare le idee sono ancora meno chiare ma si sta imponendo sempre di più la tesi che la punta avanzata della soluzione per far ripartire l’Italia attraverso i giovani siano le start-up. Il paese che ha il record di Neet e di Expat che non ritornano, ritrova ottimismo quando restringe lo sguardo su quelle parti del territorio in cui una quota molto ristretta di giovani riesce a far diventare un’idea innovativa una impresa di successo. Teniamo però presente che di giovani noi ne abbiamo meno degli altri paesi. Consideriamo poi che la percentuale di laureati tra i giovani è più bassa in Italia rispetto al resto del mondo avanzato. Aggiungiamo, infine, che i ragazzi con idee innovative sono una piccolo sottoinsieme e che solo una idea su dieci sopravvive e una su cento raggiunge davvero il successo.
Il valore sociale della sharing economy
Qualche mese fa scrivevamo su queste pagine che la sharing economy non è solo una App. E’ molto di più, come ha confermato la terza edizione di “Sharitaly” che si è tenuta la settimana scorsa a Milano e che aveva proprio come sottotitolo “Non solo App. L’economia collaborativa nelle aziende, nelle pubbliche amministrazioni e nel terzo settore”. Scopo di tale manifestazione – promossa da Collaboriamo e da Trailab con il patrocinio del Comune di Milano – è stato quello sia di arricchire il dibattito teorico sulla sharing economy, sia di favorire la crescita concreta dell’economia collaborativa a Milano e in Italia.