Topic: popolazione, risorse e sviluppo

Un nuovo progetto riformista con al centro le nuove generazioni

Senza riforme ci si tiene un Paese che non funziona o che funziona per sempre meno cittadini. Chi ha rendite di posizione e benessere passato da proteggere, migliora la propria situazione relativa. Chi è in difficoltà o fa il suo ingresso nella vita adulta e professionale, si trova invece con crescente rischio di esclusione e restrizione di opportunità. Nel complesso il paese stenta a crescere e aumentano le diseguaglianze.

Calo delle nascite. I rischi di un Paese senza fiducia nel futuro

I dati più recenti dell’Istat sulle nascite dovrebbero preoccuparci seriamente, perché – sia guardando alle cause che alle conseguenze – ci dicono che stiamo smantellando le basi su cui ogni società fonda la speranza di un proprio futuro migliore. Il succedersi delle generazioni è l’elemento chiave della dinamica demografica e quindi della continuità del genere umano. Ogni generazione produce, nel corso del proprio corso di vita, beni materiali ed immateriali. Ma c’è un bene ancora più importante rispetto ai flussi economici, sociali e culturali intergenerazionali, si tratta, appunto, dalle nuove generazioni stesse. I membri delle nuove generazioni sono le pietre con le quali una comunità costruisce il proprio solido ponte tra l’oggi e il domani: si possono immaginare le merci più belle e preziose da trasportare, ma se il ponte rimane incompiuto, non potranno mai giungere ad alcuna desiderata destinazione futura.

Ripartono i matrimoni. Fine della crisi?

Nei novant’anni di storia del Paese raccontati dall’Istat, nato nel 1926 con il nome di Istituto Centrale di Statistica, il punto più basso dei matrimoni è stato toccato nel 2014 con meno di 190 mila celebrazioni. Nemmeno negli anni più bui della seconda guerra mondiale si era scesi così in basso. Molto vivace era stata, allora, la successiva ripresa. Dalle 215 mila nozze del 1944 si salì a oltre 385 mila nel 1948. Ma la vera “epoca d’oro del matrimonio” arriva successivamente e corrisponde agli anni che vanno dal 1956 al 1963. E’ una fase in cui l’intero paese si rialza, non solo per la ricostruzione, ma per l’inizio di un nuovo percorso di sviluppo che intreccia crescita economia, welfare in espansione, fiducia nel futuro. Assieme all’economia si alzano anche i matrimoni e, successivamente, le nascite.

Dalla crisi al welfare perché non siamo più un Paese per bambini

I giovani che rimangono a vivere con i genitori

Difficilmente le nascite in Italia potranno tornare ad aumentare in modo solido se i progetti di vita della nuove generazioni continueranno a rimanere bloccati o se l’unico modo per realizzarli è andare all’estero. Davanti alle difficoltà e alle inefficienze del mercato del lavoro italiano – inasprite dalla crisi e da scelte pubbliche più attente al welfare delle generazioni anziane – i giovani italiani si sono in larga misura trincerati in difesa.

Facciamo pochi figli, ma servono più incentivi

E’ vero, gli italiani fanno pochi figli, da molti punti di vista. Ne fanno molti meno rispetto ai francesi, agli americani, agli inglesi, agli svedesi e a gran parte del mondo occidentale. Ne fanno molti meno anche rispetto a quanto considerato auspicabile per un equilibrato rapporto tra generazioni. Il numero medio di figli per donna è infatti persistentemente e marcatamente inferiore a due. Il dato Istat più recente è pari a poco più di un figlio e un terzo. Questo significa che stiamo viaggiando con generazioni di figli via via meno consistenti rispetto a quelle dei genitori. In prospettiva ciò porta, anche tenendo conto dei flussi migratori, a rendere il nostro paese uno di quelli con carico maggiore al mondo di anziani sulla popolazione attiva.