Topic: popolazione, risorse e sviluppo

I troppi limiti allo sviluppo di un Italia senza giovani

La popolazione del pianeta è avviata verso una stabilizzazione nella seconda metà di questo secolo, dopodiché si entrerà verosimilmente in una fase di declino. L’Europa ha già raggiunto il punto più elevato della sua parabola e si appresta a diminuire. L’Italia è già da vari anni in riduzione. Se, in particolare, c’è un bene che sta diventando sempre più scarso nel mondo è quello dei giovani. E’ questa la risorsa che stiamo depauperando maggiormente, ma più di tutti lo sta facendo il nostro paese.

Under 25 in via d’estinzione. Il vecchio continente sta diventando una profezia

Se in una carta geografica si rappresenta l’estensione di un’area in base al peso della popolazione, nel planisfero del 1950 l’Europa si troverebbe ad occupare oltre il 20% di tutta la superficie terrestre. La versione dinamica di questo particolare cartogramma farebbe vedere come all’inizio del XX secolo tale spazio fosse ancora maggiore, arrivato a superare il 25%. Se invece ci si sposta verso il presente, si nota che l’Europa si riduce fino a dimezzarsi. Il valore attuale è infatti inferiore al 10%. Se mai in passato il nostro continente ha avuto così tanti abitanti come oggi, è anche vero che mai nella storia moderna è stato relativamente così piccolo rispetto al resto del mondo.

Le nuove sfide demografiche sono vincenti investendo su Welfare, natalità e Africa

Il secolo, o meglio i cento anni, che vanno dal 1950 al 2050 verranno ricordati come il periodo con maggior intensità della crescita della presenza umana sulla Terra. Difficilmente in futuro si assisterà ad una esplosione demografica analoga, se non nella prospettiva di espandere la presenza in altri pianeti (ma a parte qualche viaggio temporaneo di cittadini privati nello spazio, siamo ancora lontani da tale scenario). Per quanto riguarda l’espansione della nostra specie sul pianeta madre, è impressionante notare come dalla metà del XX secolo alla metà del XXI la popolazione risulti moltiplicata per quattro: da 2,5 miliardi ai quasi 10 miliardi previsti. Il tempo in cui viviamo si trova ancora all’interno di questa finestra del tutto unica ed eccezionale. E’ quindi naturale osservarla con stupore misto a timore.

Serve investire sui figli ora

Il primo luglio è entrata in vigore la misura-ponte dell’Assegno unico e universale per i figli, che anticipa l’avvio a regime fissato per il primo gennaio 2022. Si tratta di una novità importante per le politiche familiari italiane. L’assegno va finalmente nella direzione di superare la debolezza, la disomogeneità e la frammentazione delle misure di sostegno economico alla genitorialità del passato (in questo senso è “unico”). Alla base c’è anche un importante cambiamento culturale che mette al centro il bambino stesso, con impegno del paese a investire in modo solido sul suo benessere e il suo sviluppo umano – qualsiasi siano le caratteristiche dei genitori – dalla nascita fino alla maggiore età (in questo spirito è “universale”).

Alla misura temporanea, che si chiuderà il 31 dicembre 2021, sono destinati tre miliardi aggiuntivi, che hanno soprattutto l’obiettivo di includere chi finora non beneficiava dell’assegno al nucleo familiare: figli di lavoratori autonomi, liberi professionisti, incapienti (quantificabili nel complesso in 1,8 milioni di famiglie).

Le misure di sostegno alle famiglie con figli camminano su due principali gambe. La prima è quella dei servizi di conciliazione tra tempi di vita e lavoro (come i nidi e i congedi), la seconda è quella del supporto economico alle responsabilità di cura e crescita. L’arrivo di un figlio può, infatti, sia aumentare la complicazione dell’organizzazione familiare, con ripercussioni anche nella dimensione occupazionale e professionale, sia aumentare il disagio economico e il rischio di povertà. La carenza di strumenti adeguati su tali due fronti porta a rinunciare a realizzare pienamente la fecondità desiderata. La presenza di politiche efficaci, al contrario, mette le coppie nella condizione di poter valutare più positivamente la possibilità di avere un ulteriore figlio.

L’AUUF va quindi inteso come parte importante di un sistema più ampio (solido, integrato e coerente) di misure che consentono alle scelte delle coppie di essere realizzate in un contesto di benessere relazionale ed economico adeguato per la crescita dei figli. I trasferimenti monetari non sono la ragione, di per sé, per cui si ha un figlio, ma aiutano a ridurre l’incertezza nel processo decisionale che porta a tale scelta. Consentono di ridurre il rischio di esperienza negativa dopo l’arrivo di un figlio rispetto alle difficoltà economiche, mettendo in condizioni più favorevoli le coppie orientate ad averne altri.

Nelle versioni adottate nei vari paesi europei si va da un importo che destina stesso ammontare a tutti i bambini, a un assegno fortemente legato al reddito della famiglia (formato da una bassa componente di base che va universalmente a tutti, a cui si aggiunge una incisiva componente variabile). Questo secondo caso si configura più come strumento di contrasto alla povertà che di politica familiare in senso proprio. La misura-ponte entrata in vigore il primo luglio risulta fortemente progressiva (il massimo è 167,5 euro per bambini in famiglie con Isee pari o uguale a 7 mila, ma si scende a 83,8 euro mensili per famiglie con Isee di 15 mila e a 30 euro per Isee di 40 mila, per poi annullarsi oltre 50 mila).

Da un lato, l’aumento della povertà seguito alla pandemia ha fatto, giustamente, aumentare l’attenzione verso le famiglie più in difficoltà. D’altro lato, però, se questa misura si sposta su tale obiettivo rischia di rimanere debole l’azione a sostegno della natalità (che ha bisogno di un insieme integrato di misure percepite come rilevanti anche dal ceto medio).

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L’Italia fragile senza giovani: ora il declino accelera al Sud

L’Italia è un mondo nel mondo. E’ un paese molto vario, nel quale si possono trovare, in vari ambiti, eccellenze comparabili alle aree più avanzate del pianeta, ma anche realtà in situazione di accentuata fragilità. Oltre ad essere molto articolato, come mostrano i dati degli indicatori sulla qualità proposti in queste pagine, il quadro interno è anche non scontato. Da un alto, i contesti usualmente considerati più positivi e dinamici possono mostrare limiti rilevanti in alcune dimensioni. D’altro lato, aree considerate generalmente svantaggiate, non necessariamente si trovano al ribasso su tutti gli indicatori.