Nelle società mature avanzate se si desidera che le nascite diminuiscano non è necessario mettere in atto nessuna azione di disincentivo, basta semplicemente non realizzare politiche efficaci di sostegno alla libera scelta di avere un figlio.
Topic: popolazione, risorse e sviluppo
Crisi demografica UE, nascite a picco. Ecco come provare a invertire la rotta
Nessun paese in Europa presenta un tasso di fecondità sufficiente a garantire un equilibrio nel rapporto tra generazioni. Nel 2010 si avvicinavano a tale livello (attorno ai 2 figli per donna) Francia, Svezia e Irlanda. Nel 2019 – prima dei travagliati anni della pandemia e della guerra – tali paesi risultavano tutti scesi sotto. Il valore più alto alla fine del decennio scorso è rimasto comunque quello francese (pari a 1,87, con Svezia e Irlanda scese a 1,71). Anche Stati Uniti e Australia hanno avuto un andamento simile.
All’Italia resta un decennio per tornare a 500mila nascite. Poi sarà troppo tardi
Se le nascite in Italia proseguissero il percorso di diminuzione con il ritmo osservato nel decennio scorso (a cui si è poi aggiunta l’incertezza della pandemia) ci troveremmo ad entrare nella seconda metà di questo secolo con reparti di maternità del tutto vuoti. Lo scenario di zero nati nel 2050 difficilmente verrà effettivamente osservato – le dinamiche reali sono più complesse di una semplice estrapolazione – i dati però ci dicono che alto (oltre il livello di guardia) è diventato il rischio di un processo di declino continuo della natalità.
Una manovra finanziaria attenta alla famiglia ma scarsamente incisiva sulle dinamiche demografiche
È bene essere consapevoli che le nascite in Italia non sono solo a livello basso, ma anche posizionate su una scala mobile che le trascina ulteriormente in giù. Questa scala mobile è rappresentata dalla struttura per età della nostra popolazione, la quale, per conseguenza della denatalità passata, è in progressivo sbilanciamento a sfavore delle generazioni giovani-adulte (la fonte di vitalità di un paese). Più il tempo passa, più diventa difficile (e se continua così tra pochi anni anche impossibile) invertire la curva negativa delle nascite.
Solo il miglioramento delle opportunità dei giovani e delle donne può favorire la ripresa della natalità.
Un decennio di sguardi sull’Italia. Non è un Paese per giovani
Correva l’anno 2012 ed eravamo nel bel mezzo di quella che verrà ricorda come la “Grande recessione”. Giornali e notiziari televisivi erano pieni di titoli sul continuo peggioramento del tasso di disoccupazione giovanile, suscitando grande preoccupazione per la condizione e il destino di una intera generazione. L’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo nasce in quell’anno con l’obiettivo di costruire uno strumento solido e continuo nel tempo di studio e analisi della realtà dei giovani con una metodologia di indagine ispirata alle migliori esperienze europee. Non solo in grado di fornire dati sulla condizione oggettiva delle nuove generazioni, ma di cogliere anche il loro sguardo soggettivo sulla propria realtà e sulle trasformazioni del proprio tempo.