Topic: popolazione, risorse e sviluppo

Europe’s demographic challenge: policies for sustainable generational renewal

The European population is entering a new phase of its demographic history, characterised by long-term decline and accelerated ageing. The dynamics of the demographic transition have led to increased longevity and declining birth rates, resulting in profound changes to the population structure. The reduction in mortality risks from birth to old age has brought the replacement level (the number of children required to replace parents) to around two. However, fertility rates have fallen below this level in most countries worldwide, leading to insufficient fertility to sustain generational replacement.

Il futuro dipende da noi

La crisi della natalità dipende da noi. Se consideriamo la struttura demografica dell’Italia come un edificio, l’esposizione al rischio di crollo non è dovuta a un terremoto, ma al progressivo deterioramento di muri portanti per incuria e scarsa manutenzione. L’aumento della longevità agisce come un aumento dei piani al vertice, ma se la struttura portante viene lasciata indebolire non si possono considerare le crepe che si allargano (il sistema di welfare sempre più debole) e i pezzi che progressivamente si staccano (i giovani che se ne vanno) una fatalità, ma l’esito delle nostre inadempienze. Insomma, se non usciamo da questa crisi, che ogni anno si aggrava un po’ di più come mostrano gli ultimi dati Istat, significa che non ci interessa o non ne siamo capaci. Finora abbiamo attraversato in sequenza entrambe tali due fasi.

La qualità del lavoro salva le società del rinnovo generazionale debole

Il recente Rapporto annuale dell’Inps somiglia molto ad una rassicurante comunicazione dal ponte di comando ai passeggeri quando il rischio di trovare sulla rotta un iceberg è elevato ma per il momento tutto procede tranquillamente e non c’è nulla di preoccupante in vista. I resoconti del naufragio del Titanic dicono che l’iceberg fu avvistato quando si trovava approssimativamente a 500 metri di distanza. Venne subito ordinata una manovra di emergenza con virata a sinistra, ma, a causa della grande massa della nave, non fu sufficiente ad evitare la collisione. La demografia ha una propria inerzia analoga a quella di una grande nave. Più aspettiamo a fare le operazioni che servono, più alto è il rischio di andare incontro ad un destino nefasto. All’interno del territorio italiano ci sono già contesti in tale situazione. Alcune aree interne del nostro Paese si trovano con una combinazione di bassa natalità, fuoriuscita netta di giovani, struttura demografica compromessa, da non aver più margine per cambiare la rotta che porta verso l’insostenibilità sociale ed economica.

Un’Italia vecchia, tre volte debole

Il nostro paese soffre di tre grandi problemi che frenano lo sviluppo sostenibile e inclusivo, ponendoci in condizione di svantaggio competitivo rispetto alle altre economie mature avanzate.
Il primo è quello degli squilibri demografici. Tutto il mondo sta andando verso una natalità insufficiente a garantire un equilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni. Esiste, in ogni caso, un’ampia differenza tra un paese come la Francia, che per lungo tempo ha mantenuto un numero medio di figli per donna vicino a due (recentemente sceso a 1,7) e l’Italia che da quarant’anni ha un valore inferiore a 1,5 (recentemente sceso a 1,2). Ne consegue che se la Francia si trova come l’Italia con una popolazione anziana in spiccato aumento, grazie alla longevità, può però contare su una forza lavoro potenziale che rimane solida, mentre quella italiana va verso una drastica riduzione per l’entrata in età attiva di generazioni via via sempre meno numerose.

Così la generazione Egonu ci porta al G7 dello sport

Le Olimpiadi di Parigi appena concluse confermano un posizionamento dell’Italia all’interno del G7 delle potenze sportive. Se si considera la classifica rispetto al totale delle medaglie (oro, argento, bronzo) – adottando il criterio in uso negli Stati Uniti e in altri paesi – l’Italia si posiziona al settimo posto, dopo la Gran Bretagna. Seconda tra i paesi dell’Unione europea, dopo la Francia (paese ospitante) e sopra Germania e Paesi Bassi (con rispettivamente 7 e 6 medaglie in più). Tutto questo non prendendo in considerazione i quarti posti (di cui l’Italia ha fatto ampia incetta).
Se ci si limita alla sola classifica degli ori entriamo comunque nella top ten (più precisamente al nono posto), sugli stessi livelli della Germania (12 medaglie). In Europa ci superano solo Francia e Paesi Bassi. Insomma il bilancio italiano ai Giochi olimpici di Parigi può dirsi senz’altro positivo.