Le nuove generazioni, cresciute nella società del benessere, si trovano oggi in condizione di scarsità. I dati appena pubblicati dall’Istat, in un approfondimento appositamente dedicato agli under 35, confermano andamenti negativi in corso da troppi anni. Raccontano di un paese in cui i giovani sono sempre di meno, nel quale trovano limitate possibilità di lavoro di qualità e dal quale ne vanno sempre di più. Il risparmio privato delle famiglie italiane, mediamente più elevato rispetto agli altri paesi, è stato fortemente eroso dalla crisi ed è messo a dura prova dalla lunga dipendenza economica dei figli. Alto debito pubblico e accentuato invecchiamento della popolazione pongono dei vincoli alla spesa sociale da destinare a formazione e welfare attivo per i giovani. Come conseguenza le nuove generazioni rischiano di trovarsi con un presente di scarse risorse e ridotte opportunità, rinviando ad un incerto futuro prossimo la realizzazione dei propri progetti di vita e ad un indefinito futuro remoto la possibilità di raggiungere una pensione decente, come ribadito anche recentemente dal presidente dell’INPS.
Topic: longevità e invecchiamento attivo
Il Paese di Vita breve e il Paese di Vita lunga
Si sente spesso dire che l’invecchiamento è un fenomeno positivo perché significa che viviamo tutti più a lungo. Non è esattamente così: longevità e invecchiamento non sono la stessa cosa. Il termine “longevità” indica il fatto che la durata della vita si allunga e si diventa quindi vecchi più tardi.
L’invecchiamento della popolazione è invece il processo che fa crescere il peso demografico degli anziani. Il fatto che la popolazione invecchi non implica necessariamente che si viva più a lungo, ma semplicemente che le generazioni più mature hanno una consistenza numerica maggiore rispetto a quelle più giovani. La sovrapposizione semantica tra i due termini genera quindi confusione e va evitata.
La longevità è il processo che porta l’evento morte a essere vissuto sempre più tardi. Dato che, come recita l’antico detto, “per morire c’è sempre tempo”, tale processo è considerato generalmente positivo perché ci consente di non essere sbalzati fuori troppo precocemente dalla giostra della vita. La questione diventa semmai come goder bene del tempo extra conquistato.
Diversamente dalla longevità, l’invecchiamento della popolazione tende invece a essere più un problema che un vantaggio e va quindi adeguatamente gestito. Per rendercene conto basti pensare che le persone possono solo invecchiare mentre una popolazione può sia invecchiare (quando le nuove generazioni diminuiscono rispetto alle più vecchie) che ringiovanire (quando accade il viceversa).
Quei morti di troppo nel 2015
Nei primi otto mesi del 2015 si sono registrati circa 45 mila decessi in più rispetto all’anno precedente. Un dato che ha suscitato molto scalpore sui mass media. Ma come dobbiamo interpretarlo?
Il conteggio continuativo del numero dei decessi, attraverso un apposito registro, inizia nelle città italiane del medioevo. L’esigenza, prima ancora che per questioni amministrative, nasce dalla necessità di identificare per tempo la possibile diffusione di una epidemia. Se il numero di morti giornalieri, settimanali, mensili, rimaneva pressoché costante, si poteva rimanere relativamente tranquilli. Se invece c’erano i segnali evidenti di una crescita era il caso di predisporre velocemente misure di profilassi e contenimento del contagio. La mortalità in passato era elevatissima anche nei periodi di “normalità” ma le epidemie ricorrenti potevano avere effetti devastanti sulla struttura demografica, sull’organizzazione sociale e sul sistema economico.
L’abbondanza di nonni da trasformare in ricchezza sociale
Siamo entrati nell’era dell’abbondanza di nonni. Chi è oggi anziano è nato in un mondo ricco di fratelli e cugini, era quindi ampia soprattutto la dimensione orizzontale delle relazioni familiari. Nel corso di tre generazioni tale dimensione si è fortemente ridotta, mentre si sono estese e infittite le relazioni verticali. E’, infatti, notevolmente aumentata non solo la probabilità di trovare tutti i nonni in vita al momento della nascita, ma anche la possibilità di attivare un lungo e intenso rapporto con qualcuno di essi fin oltre la propria maggiore età.
Ridare peso alle nuove generazioni in un’Italia che invecchia
Questo slancio l’Italia sembra averlo perso da tempo. I dati che lo confermano sono molti, ma ce ne sono tre eclatanti: l’enorme debito pubblico scaricato sulle nuove generazioni, il deterioramento delle prospettive occupazionali giovanili, la riduzione delle nascite in contrapposizione alla crescita esuberante della popolazione anziana. Difficile trovare una combinazione così accentuata di questi tre aspetti in un altro paese sviluppato, con conseguenze negative vincolanti rispetto alla produzione di ricchezza e benessere.