Topic: giovani

Un nuovo progetto riformista con al centro le nuove generazioni

Senza riforme ci si tiene un Paese che non funziona o che funziona per sempre meno cittadini. Chi ha rendite di posizione e benessere passato da proteggere, migliora la propria situazione relativa. Chi è in difficoltà o fa il suo ingresso nella vita adulta e professionale, si trova invece con crescente rischio di esclusione e restrizione di opportunità. Nel complesso il paese stenta a crescere e aumentano le diseguaglianze.

Giovani e “bufale” online. Come usare bene quella libertà di cui non riusciamo più a fare a meno

Viviamo in un mondo nel quale la possibilità di confronto, di accesso alle informazioni ed espressione libera delle opinioni è incommensurabilmente superiore rispetto a qualsiasi epoca precedente. Questo non significa però che la nostra capacità di comprendere la realtà, di ascolto degli altri, di relazione autentica, sia migliorata. Umberto Eco è arrivato provocatoriamente ad affermare che “i social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. Gli imbecilli, nell’accezione di Eco, sono coloro che non sanno formarsi una opinione fondata su un argomento ma sono ben pronti ad esprimere un proprio convinto giudizio. Antepongono la reazione emotiva e spontanea alla comprensione solida dei fatti. In passato la loro sfera di azione era limitata ai bar, senza danneggiare troppo la collettività, mentre ora hanno la stessa platea potenziale di un premio Nobel. Questa invettiva di Eco non deve però portare a pensare che il problema sia la Rete. Il web e i social network sono ormai irrinunciabili, non solo tra i giovani. La questione vera è allora come migliorarne l’uso e difendersi dalle insidie.

Questo tema è molto sentito dalle stesse nuove generazioni, come mostrano i dati della ricerca dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo che verrà presentata al convegno “Parole O_Stili” il 17 febbraio a Trieste. Emerge una convinzione forte da tale ricerca: la Rete e la libertà di espressione nei social network non possono essere messe in discussione. Questa convinzione non esclude l’aumento della consapevolezza sui limiti di questi strumenti. Per la grande maggioranza dei giovani intervistati il bello dei Social è proprio quello di poter esprimere apertamente il proprio punto di vista anche sulle questioni più controverse dell’attualità e farlo con linguaggio diretto e schietto. Esattamente come in passato avveniva nei bar, direbbe Eco. Il punto è quindi il fatto che oggi le opinioni non qualificate e le convinzioni infondate sono di dominio pubblico e possono essere rilanciate e amplificate senza limiti. C’è di più, gli imbecilli sono anche quelli più veloci a rilanciare notizie false perché non perdono tempo a verificarle, hanno quindi un vantaggio competitivo sugli altri nel decidere cosa far diventare virale (e quindi di successo) e cosa no. Questo i giovani lo sanno bene. Fanno molto uso dei Social ma ne hanno una fiducia molto bassa. Sanno che per la grande maggioranza sono un luogo di svago e divertimento, dove conta più ciò che di sé si vuol rappresentare che quello che si è veramente, la percezione più della realtà effettiva. Coerentemente con questo, l’86,6 percento degli intervistati ritiene che non vadano presi troppo sul serio perché i contenuti che vi si pubblicano possono essere tanto veri quanto “inventati”.

Se la convinzione che la Rete debba mantenersi luogo libero di espressione e la consapevolezza delle insidie presenti, sono trasversalmente condivise nelle nuove generazioni, molto articolati sono però gli stili e le strategie che i singoli adottano. C’è una parte minoritaria, ma non trascurabile, che non usa alcun tipo di protezione, ovvero si esprime senza filtri e condivide qualsiasi cosa in sintonia con il proprio stato emotivo, indipendentemente dall’autenticità dei contenuti. Una parte, non riuscendo a gestire i rischi si astiene, ovvero ritrae sfiduciata la propria presenza dai Social. Ma la parte più consistente è in continua ricerca di migliori strumenti per costruire relazioni creative e condividere informazioni utili sul web. E’ questa parte che va aiutata a crescere e a diventare vincente.

L’eccezione virtuosa di chi ai giovani dà una chance

Una popolazione diminuisce, invecchia, entra in una spirale negativa tra economia, demografia e benessere sociale, quando non funziona il ricambio generazionale. L’Italia demografica è in sofferenza perché le nascite sono precipitate e ci troviamo con sempre meno giovani, mentre cresce la componente anziana. Se i ventenni e i trentenni sono di meno, si ottengono di conseguenza ancor meno nascite, perché tali età sono al centro della vita riproduttiva. Se gli ottantenni sono di più, aumentano i decessi, per le condizioni di fragilità delle fasce molto avanzate. Come esito di queste dinamiche, nel nostro paese le nascite sono in diminuzione e i decessi in aumento, con uno squilibrio in estensione a favore dei secondi. Questo divario è stato nel passato controbilanciato dal saldo migratorio positivo. Ne 2015 per la prima volta tale compensazione è risultata però insufficiente per la diminuzione dei nuovi residenti arrivati dall’estero, ma anche per un aumento degli espatri, sia di italiani che di stranieri, in cerca di opportunità altrove.

Servizio Civile. Orizzonte aperto ai giovani

Fare in modo che i progetti di vita delle nuove generazioni trovino pieno successo nella loro realizzazione dovrebbe essere una delle preoccupazioni principali di un Paese interessato a mettere basi solide del proprio futuro. Questo è ancor più vero oggi: la maggior complessità delle società moderne avanzate, la rapidità dei cambiamenti, la più accentuata specializzazione di saperi e competenze, la più elevata competitività internazionale, la maggior pervasività dell’innovazione tecnologica, rendono più arduo orientarsi nelle scelte formative, più instabile il percorso professionale, più incerta la realizzazione dei propri obiettivi di vita.

Il pilastro del bene comune

Il rapporto problematico tra giovani e lavoro, richiamato con significativa convergenza nei messaggi di fine anno del Presidente Mattarella e di papa Francesco, è un nodo che da troppo tempo soffoca le possibilità di crescita del paese. Ma se vogliamo davvero scioglierlo dobbiamo prima di tutto chiederci cosa intendiamo per “crescita”. Dibattiti pubblici e policy continuano, infatti, ad essere centrati sul “come crescere”, senza una chiara idea di “quale crescita”. Se è facile, infatti, riconoscere che il modello di sviluppo che ha caratterizzato il XX secolo non funziona più e non è più sostenibile, è molto più arduo capire cosa può avere successo nel futuro, tanto più in un mondo che cambia rapidamente e in modo imprevisto.