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Giovani e lavoro, come l’intelligenza artificiale potrà far emergere le potenzialità delle nuove generazioni

La transizione demografica sta mutando profondamente consistenza e struttura della popolazione italiana. Se c’è una cosa certa del futuro del nostro Paese è che a metà di questo secolo ci saranno molte più persone nella fascia anziana e ancor più ridotta sarà la componente giovane-adulta. Per rispondere a questo cambiamento, continuando a garantire benessere e sviluppo, non c’è altra strada che rafforzare il lavoro. Questa sfida accomuna tutte le economie mature avanzate ma risulta più accentuata in Italia: come conseguenza della persistente bassa natalità, siamo in Europa il Paese in cui anziani e giovani maggiormente corrono in direzione opposta, i primi verso la crescita i secondi verso la riduzione.

A fronte di crescenti squilibri nel rapporto quantitativo tra vecchie e nuove generazioni siamo anche tra i Paesi finora meno in grado di far corrispondere all’aumento di chi va in pensione un miglioramento dell’ingresso e della valorizzazione nel mondo del lavoro. I dati Istat ci dicono che i residenti in Italia nella fascia di età tra i 25 e i 35 anni sono circa 6,2 milioni, pari al 10,6% della popolazione totale. Negli ultimi vent’anni sono diminuiti di 2,4 milioni (erano 8,6 milioni nel 2004, pari a quasi il 15%). Nello stesso periodo gli occupati in tale fascia sono scesi da oltre 6 milioni a circa 4,2 milioni. La popolazione nella fase di entrata in età adulta non è mai stata così demograficamente debole nella storia del nostro paese.

L’Italia non è riuscita a compensare la riduzione quantitativa delle nuove generazioni con un miglioramento della loro presenza attiva nel lavoro e nella società. In termini relativi l’incidenza dei giovani-adulti tra i lavoratori è scesa da 27,1% al 17,8%, ovvero di 10 punti percentuali (erano oltre 1 su 4 e ora molto meno di 1 su 5). Come evidenziano gli studi della Banca d’Italia, un’economia innovativa richiede una forza lavoro qualificata, con conoscenze adeguate e continuamente aggiornate. Il miglioramento delle condizioni di sviluppo del Paese, tanto più di fronte agli squilibri demografici che ci caratterizzano, ha come asse principale la valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni.

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Un cambio di passo necessario per i giovani

Nel tradizionale Discorso di fine anno il Presidente Mattarella ha ben espresso la contraddizione di un’Italia che, da un lato, disconosce le attese delle nuove generazioni e le fa sentire “fuori posto”, dall’altro, ha “bisogno dei giovani”, “delle loro speranze”, “della loro capacità di cogliere il nuovo”.

Offrire migliori opportunità a giovani e immigrati di qualità

E’ chiara la direzione verso cui sta andando la popolazione italiana secondo i dati del Censimento permanente dell’Istat. E’ una rotta che porta ogni nuovo anno ad avere meno abitanti e più anziani rispetto al precedente. Su queste tendenze incidono fattori che in parte riguardano tutto il mondo occidentale e in parte sono specifici del nostro paese. Il vivere a lungo rientra senz’altro nel primo gruppo di fattori: l’aumento degli abitanti in età più matura interessa l’Italia come il resto d’Europa. In particolare, secondo i dati Eurostat, l’Italia presenta una aspettativa di vita non maggiore di Francia, Spagna e Svezia.

I giovani si sentono esclusi dalle scelte, così la generazione digitale è in trappola

Le dinamiche demografiche italiane, in assenza di adeguati correttivi, stanno spostando il paese verso un progressivo indebolimento del ruolo delle nuove generazioni nei processi di sviluppo e nelle scelte collettive. La conseguenza, per i giovani, è la percezione di non riuscire ad incidere sul futuro a partire dalle scelte di oggi e il timore di doversi adattare a un paese in cui sempre meno si riconoscono.

Denatalità. Agire subito per evitare il crollo

Ci sono tre aspetti preoccupanti della demografia italiana. Il primo è dato dalle dinamiche particolarmente negative della natalità e dagli effetti distorcenti che produce sulla struttura per età. Il secondo dall’incapacità di mettere in atto politiche efficaci per dare risposta a tali dinamiche. Il terzo è l’essere entrati in una fase in cui il non agire con misure adeguate e incisive non lascia l’Italia solo in posizione più debole rispetto al resto d’Europa, ma la espone maggiormente ad un inasprimento continuo degli squilibri. Va precisato che la causa della distorsione della struttura per età non è l’invecchiamento in senso proprio, ovvero la longevità. In questo l’Italia non si distingue dalle altre economie mature avanzate. La distorsione è dovuta alla persistente bassa natalità che produce il processo di degiovanimento, ovvero la riduzione continua della consistenza delle nuove generazioni. Come conseguenza di tale processo l’Italia sta subendo un crollo del tutto inedito e maggiore rispetto alle altre economie mature avanzate della fascia giovane-adulta. La combinazione tra bassa fecondità e riduzione della popolazione nell’età in cui si forma una famiglia, rischia di portare ad una sorta di reazione a catena generazionale: meno genitori e via via ancor meno figli e genitori futuri.