Expo 2015 richiamerà, auspicabilmente, attenzione e presenze da tutto il mondo. Nel frattempo è però in continuo aumento il flusso di giovani e meno giovani che decidono di andare a formarsi, a lavorare e a costruire un proprio futuro all’estero. Dopo aver esteso nei secolo scorsi la sua presenza in tutto il pianeta, ora la nostra specie vi si muove al suo interno con sempre più dinamismo e familiarità. In particolare, le nuove generazioni si muovono nel mondo e ancor più in tutta Europa – da sud a nord o da ovest a est – con facilità e libertà mai conosciute prima.
Posts By: Alessandro Rosina
La rivoluzione femminile deve durare tutto l’anno
«FELICE il Paese che non ha bisogno di eroi» e che non ha bisogno di celebrare la Festa della donna in un giorno specifico dell’anno. L’8 marzo è passato ma le difficoltà della componente femminile della popolazione nell’ottenere l’espressione piena dei diritti di parità durano 365 giorni. Nella “Vita di Galileo” da cui è tratta la famosa frase citata in apertura, Bertolt Brecht racconta il tormento e le resistenze prodotte dalla messa in discussione delle tradizionali certezze del cosmo. Anche la rivoluzione della presenza femminile nella società, nel mercato del lavoro, nella politica, trova molti ostacoli e resistenze a compiersi nonostante la documentazione scientifica dei vantaggi che comporterebbe, analogamente alle evidenze empiriche fornite dal cannocchiale di Galileo.
Il J Factor per welfare e lavoro
TUTTE le indagini condotte prima dell’inizio della recessione ritraevano la generazione dei Millennial — gli attuali under 35 — come una delle più orientate a produrre cambiamento e più decise a voler migliorare la realtà attorno a sé. Da qualche anno è invece indicata come la “lost generation”, ovvero quella che meno delle precedenti riuscirà a realizzare i propri obiettivi di vita e maggiormente costretta a rivedere al ribasso le proprie ambizioni. Questo è ancor più vero in Paesi come il nostro, per motivi sia culturali che politico-istituzionali. La combinazione tra iperprotezione della famiglia, economia debole, inefficienze del mercato del lavoro, tendenza delle aziende allo sfruttamento con contratti al massimo ribasso, disattenzioni e inadempienze della politica, ha creato un mix di fragilità tale da ingabbiare in molti il desiderio di spiccare il volo. Quella voglia è però ancora viva nell’animo di molti giovani. Crescente però è anche il rischio di demotivazione, soprattutto per chi parte da condizioni più svantaggiate e fa fatica a trovare nella scuola un’occasione di riscatto. Un’insegnante delle medie mi ha raccontato che non è raro sentire un alunno che spronato a impegnarsi risponde che tanto per avere successo nei talent show la matematica non conta e che se dovesse andar male ad X Factor si può sempre continuare a vivere con i genitori fino a sessant’anni e oltre. Un’opzione questa, nemmeno presa lontanamente in considerazione dai coetanei al nord delle Alpi.
Longevità, la rivoluzione silenziosa che sta cambiando le nostre vite
E’ in corso una rivoluzione silenziosa destinata a cambiare permanentemente il modo in cui viviamo. Non ne percepiamo pienamente la forza e la portata solo perché si sta realizzando lentamente nel tempo, ma si tratta di un mutamento implacabile nella sua azione e permanente nei suoi esiti. Siamo come chi sta viaggiando in treno ed è tutto preso dai movimenti all’interno dello scompartimento, ma il movimento di maggior portata è quello di cui si prende coscienza solo quando si guarda fuori dal finestrino. Quando siamo saliti su questo treno? Poco più di un secolo e mezzo fa, quando è iniziato il grande cambiamento che va sotto il nome di “Transizione demografica” (per chi vuole saperne di più: A.Rosina, A.De Rose,“Demografia”, Egea, 2014). Fino ad allora nel corso della lunga storia umana le età della vita erano rimaste sostanzialmente immutate.
Il degiovanimento infelice dell’Italia
Nel 2013 l’Italia ha raggiunto il valore più basso di sempre nella curva delle nascite. Il punto più alto era stato raggiunto mezzo secolo fa, nella prima metà degli anni Sessanta, con oltre un milione di nati ogni anno. Si è scesi sotto le 900 mila unità nel 1972, sotto le 800 mila nel 1976, sotto le 700 nel 1979, sotto le 600 mila nel 1984, da allora non siamo più risaliti sopra tale livello. L’ultimo dato fornito dall’Istat, quello appunto del 2013, indica 514 mila nati, ma sarebbero 410 mila senza il contributo dell’immigrazione. Questi sono i valori assoluti.
Se facciamo riferimento al tasso di fecondità totale, ovvero al numero medio di figli per donna, è dal 1978 che ci troviamo sotto il fatidico valore di 2 (ovvero sotto la soglia di sostituzione generazionale) e dal 1984 sotto 1,5. Oggi il dato arriva a malapena a 1,4. Questo ci rende uno dei paesi sul pianeta con maggior persistenza della bassa fecondità.