Posts By: Alessandro Rosina

Poco lavoro e tanti sogni. Così i giovani di 18 anni si vedono a 45 anni

Mettere le nuove generazioni nelle condizioni di realizzare con successo la transizione alla vita adulta è il compito principale per un Paese che si prende cura del proprio futuro. Questo è ancor più importante oggi per la maggiore complessità e incertezza che pesa sulle scelte formative, occupazionali e familiari. In carenza di sistemi esperti efficienti di orientamento e supporto negli snodi del percorso di vita e professionale, troppi giovani rischiano di perdersi e di portare nella vita adulta delusioni e frustrazioni anziché energie e competenze per realizzarsi e far crescere il paese.

L’Italia non è un Paese per giovani imprenditori: il problema delle competenze

La Scuola italiana fatica a formare in modo solido e diffuso le competenze che servirebbero al Paese per fare quel salto tecnologico necessario a diventare più competitivo e ad aumentare la qualità del contributo del capitale umano delle nuove generazioni alla crescita. Qui compresi i giovani imprenditori delle startup. I potenziali startupper quindi rischiano di ricadere in altre due categorie: i delusi e arresi Neet (Not in education, employment or training) o quelli che cercano altrove fortuna: gli Expat.

Non basta uno spot per risollevare le nascite

L’obiettivo di uno spot è richiamare attenzione e interesse per incrementare le vendite rispetto ai concorrenti. Da questo punto di vista lo spot della Chicco, che invita a far vincere il paese facendo un figlio, ha colto nel segno. Ovvero chi già progettava di allargare la famiglia tenderà ora a guardare con maggior simpatia i prodotti Chicco. Controverso è invece l’impatto sull’incremento effettivo delle nascite. Quello che mostra anche l’esperienza di altri paesi, come lo spot di qualche anno fa in Danimarca, è che il registro dell’ironia e della leggerezza funziona.

Non è però la stessa cosa se il messaggio arriva da un’azienda interessata a far profitto anziché da un’istituzione pubblica. Ci sono anche altri aspetti rilevanti. In Italia, come molte ricerche confermano, il desiderio di avere figli non manca, quello che va allineato al rialzo sono le politiche familiari, sul versante sia economico che dei servizi. In Danimarca il sistema di welfare è invece tra i più avanzati e aumentare ulteriormente la fecondità, già maggiore della media europea, richiede un a spinta sui desideri riproduttivi. Discutibile è anche l’invito a “farlo per la patria”. La scelta di un figlio tocca motivazioni più profonde che vanno ben oltre l’utilitarismo individuale o collettivo. Per aumentare le nascite l’esempio da seguire è la Germania che partiva da livelli di fecondità più bassi dei nostri e in dieci anni è salita da una media di 1,38 a 1,6 figli (mentre noi siamo scesi da 1,45 a 1,34). Un risultato non ottenuto con uno spot ma attraverso un’ampia azione di effettivo rafforzamento delle misure a sostegno dei progetti familiari.

Via l’ipoteca dal futuro delle nuove generazioni

Che futuro ha un Paese che rivede ogni anno al ribasso la sua natalità (come riportano i dati Istat)? Che, rispetto agli altri Paesi avanzati, espone i minori che vivono in famiglie numerose a uno dei rischi più alti di povertà materiale ed educativa (come ci ricorda Save the Children)? Che meno riesce a dotare le nuove generazioni di formazione e competenze adeguate per vincere le sfide di questo secolo (come rivelano le ricerche Ocse)? Che con più difficoltà include i giovani nel mondo del lavoro (come indicano le statistiche dell’Eurostat)? Che relega maggiormente i nuovi entranti in lavori a bassa tutela e basso salario (come confermano gli studi di Bankitalia)? Fare in modo che i progetti di vita delle nuove generazioni siano solidi e trovino pieno successo nella loro realizzazione dovrebbe essere una delle preoccupazioni principali di un Paese interessato a mettere basi solide per il proprio futuro.

Politiche per la famiglia: la Germania è l’esempio da seguire

Ottenuta la fiducia – sepolte metaforicamente le asce dei “vaffa” e delle “ruspe” – ora si dovrà pacificamente giudicare il Governo giallo-verde dai fatti. E alla prova dei fatti è chiamato, in particolare, il nuovo Ministro della Famiglia, noto per le sue convinzioni forti su cosa va considerata famiglia (e cosa no) e su chi ha diritto a misure di sostegno alla natalità (e chi no). Dopo l’incarico ha ribadito che è necessario dare urgente risposta agli squilibri demografici creati negli ultimi decenni e che cercherà di mettere in campo tutte le risorse che servono per solide politiche familiari. E’ però importante che tali politiche non siano divisive per essere efficaci e che siano chiare le idee su come indirizzare al meglio le risorse. Fontana ha citato la Francia come paese a cui ispirarsi, ma a ben vedere potrebbe invece essere la Germania, poco amata da questo Governo, l’esempio a cui far riferimento.