Posts By: Alessandro Rosina

All’Italia resta un decennio per tornare a 500mila nascite. Poi sarà troppo tardi

Se le nascite in Italia proseguissero il percorso di diminuzione con il ritmo osservato nel decennio scorso (a cui si è poi aggiunta l’incertezza della pandemia) ci troveremmo ad entrare nella seconda metà di questo secolo con reparti di maternità del tutto vuoti. Lo scenario di zero nati nel 2050 difficilmente verrà effettivamente osservato – le dinamiche reali sono più complesse di una semplice estrapolazione – i dati però ci dicono che alto (oltre il livello di guardia) è diventato il rischio di un processo di declino continuo della natalità.

Una manovra finanziaria attenta alla famiglia ma scarsamente incisiva sulle dinamiche demografiche

È bene essere consapevoli che le nascite in Italia non sono solo a livello basso, ma anche posizionate su una scala mobile che le trascina ulteriormente in giù. Questa scala mobile è rappresentata dalla struttura per età della nostra popolazione, la quale, per conseguenza della denatalità passata, è in progressivo sbilanciamento a sfavore delle generazioni giovani-adulte (la fonte di vitalità di un paese). Più il tempo passa, più diventa difficile (e se continua così tra pochi anni anche impossibile) invertire la curva negativa delle nascite.
Solo il miglioramento delle opportunità dei giovani e delle donne può favorire la ripresa della natalità.

Oltre le competenze. Come valorizzare i giovani all’interno delle imprese

Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è un tema di crescente rilevanza nelle economie mature avanzate. A sentirlo di più sono i paesi e i territori con sistema produttivo più dinamico, più aperti al cambiamento e all’innovazione, con maggior potenziale di sviluppo. In tali economie alta è la domanda di energie ed intelligenze nuove che alimentino i processi di crescita, in particolare del capitale umano delle nuove generazioni da integrare con l’esperienza dei lavoratori più maturi. Ma a sentire ancor più il disallineamento sono e saranno le economie povere di tale capitale umano. Ovvero carenti di giovani ben preparati e qualificati, con competenze utili oggi e domani. Soprattutto se non dotate di sistemi esperti in grado di orientare chi entra nel mondo del lavoro, riqualificare dove necessario, favorire, in definitiva, la possibilità che domanda e offerta si incontrino al punto più alto tra ciò di cui le aziende hanno bisogno e ciò che i nuovi entranti possono portare. L’Italia, come ben noto, è uno dei paesi in Europa che più soffre di queste carenze. Con conseguente alto numero di Neet (giovani che non studiano e non lavorano) e crescente difficoltà del sistema produttivo di alimentare i propri processi di crescita con personale qualificato.

Un decennio di sguardi sull’Italia. Non è un Paese per giovani

Correva l’anno 2012 ed eravamo nel bel mezzo di quella che verrà ricorda come la “Grande recessione”. Giornali e notiziari televisivi erano pieni di titoli sul continuo peggioramento del tasso di disoccupazione giovanile, suscitando grande preoccupazione per la condizione e il destino di una intera generazione. L’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo nasce in quell’anno con l’obiettivo di costruire uno strumento solido e continuo nel tempo di studio e analisi della realtà dei giovani con una metodologia di indagine ispirata alle migliori esperienze europee. Non solo in grado di fornire dati sulla condizione oggettiva delle nuove generazioni, ma di cogliere anche il loro sguardo soggettivo sulla propria realtà e sulle trasformazioni del proprio tempo.

Otto milardi di persone: le tre sfide del futuro demografico

“La Terra è ricoperta da una sottile pellicola di materia chiamata vita; il velo è straordinariamente tenue, così sottile che il suo peso può superare di poco un miliardesimo di quello del pianeta che lo sostiene  (…). L’uomo fa parte di questo involucro sottile ed animato”. Quando Carlo Maria Cipolla scriveva questo testo – posto come incipit del volume “The Economic History of World Population” pubblicato nel 1962 – gli abitanti del pianeta erano poco più di 3 miliardi. Alla fine del XX secolo risultavano già raddoppiati. Oggi siamo oltre gli 8 miliardi.