
La famiglia, in tutte le epoche e culture, è soprattutto relazione. E’ prima di tutto il contesto in cui si esprime in modo privilegiato il darsi cura e attenzione reciproca, offrendo sostegno materiale e affettivo. Se non abbiamo una risposta su cosa sia una famiglia “ naturale” – tema affrontato nel libro in uscita di Chiara Saraceno (“La famiglia naturale non esiste”, editore Laterza) – possiamo però affermare che la relazione è l’elemento più “naturale” dell’essere famiglia. Una popolazione non è certo un insieme di individui indipendenti uno dall’altro. Ciò che genera benessere in una comunità e consente di darsi continuità nel tempo è il sentirsi e agire in relazione, attraverso i legami familiari e quelli sociali.
Ma è anche vero che il modo di intendere e vivere i legami familiari interagisce con le caratteristiche sociali e i cambiamenti culturali, risente delle regole e delle norme che si dà una comunità. Se nel passato, in coerenza con il tipo di organizzazione della società agricola, era comune la presenza di famiglie che vedevano coabitare sotto lo stesso tetto vari nuclei, il processo di industrializzazione e lo stile di vita delle società moderne avanzate ha favorito il processo di nuclearizzazione e la riduzione dei componenti. Nei primi decenni del secondo dopoguerra si è così consolidata, in tutto il mondo occidentale, la famiglia tipica formata da due genitori sposati con due o tre figli.
Le trasformazioni sociali, demografiche ed economiche che si sono innescate a partire dalla fine degli anni Sessanta hanno inciso sia sulla dimensione orizzontale (rapporto di coppia) che su quella verticale (legame genitori-figli) del nucleo familiare tradizionale. La diffusione delle convivenze in alternativa al matrimonio e la crescita di separazioni e divorzi hanno cambiato caratteristiche e stabilità del vincolo di coppia. La maggior autonomia lavorativa ed economica femminile ha reso più libere le scelte delle donne e meno dipendenti dalla figura maschile. La riduzione delle nascite ha ridimensionato la presenza di figli. E’ così aumentata la varietà dei nuclei familiari, oltre la tipologia tradizionale, con conseguente crescita di quelli in cui una delle due dimensioni relazionali è mancante. Oggi, ad esempio, sono molto più comuni le coppie senza figli. Se in passato tale condizione era soprattutto la conseguenza forzata dell’infertilità, nel tempo è cresciuta la componente di scelta. Un fattore rilevante è anche l’aumento della longevità che porta ad aumentare il numero di coppie anziane che vivono sole dopo l’uscita dei figli.
Tra le tipologie in maggior crescita c’è quella dei nuclei con un solo genitore. Anche questa configurazione non è di per sé nuova. In passato era la conseguenza forzata della morte precoce di uno dei coniugi. Fortunatamente tale rischio si è notevolmente ridotto nel tempo. Per converso è aumentata l’instabilità coniugale. Oggi la maggioranza delle famiglie monogenitoriali ha alle spalle una separazione. La parte in maggior crescita è però quella delle madri sole nubili, che in parte deriva dallo scioglimento di una convivenza, ma in parte anche dalla scelta di avere un figlio pur senza una relazione di coppia stabile.
Nella letteratura scientifica internazionale la tipologia dei nuclei monogenitoriali con figli minorenni è considerata tra le più vulnerabili, perché maggiormente esposta a varie forme intrecciate di fragilità.
Il ruolo della politica è quello di non lasciare che le diversità diventino diseguaglianze. Questo significa consentire alle persone di trovare adeguate condizioni di benessere e sviluppo umano a partire dall’infanzia, indipendentemente dalle condizioni di partenza (ovvero dalle caratteristiche della famiglia di origine). I nuclei monogenitore si trovano con un unico reddito da lavoro che porta spesso a sovraccarico e a una riduzione del tempo passato dai figli con un genitore. Questo è ancor più vero in Italia per la carenza di strumenti di conciliazione tra lavoro e famiglia. Se cruciale è il sostegno ai nuclei in situazione di deprivazione economica, che porta anche a povertà educativa, non meno importante è la possibilità di consentire a madri e padri soli di dedicare tempo di qualità alla relazione con i figli.
Quelle monogenitoriali non sono certo meno famiglia delle altre, è semmai la carenza di politiche adeguate che le lascia più in difficoltà nel sentirsi tale in senso pieno.