Il tasso di disoccupazione giovanile, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, è salito al 43,3 per cento. Si tratta dei valori peggiori mai incontrati dalle generazioni del secondo dopoguerra. È bene precisare, visto che molta confusione esiste su questo tema, che il dato si riduce se teniamo conto del fatto che molti a quell’età sono studenti, ma non migliora in senso relativo.
La circolazione inceppata dei giovani talenti italiani
La mobilità dei talenti è naturale e positiva. Il problema dell’Italia non sono quindi, di per sé, i tanti di valore che se ne vanno, ma i pochi che fanno il percorso inverso. Se alla forza di uscita ne corrispondesse una almeno altrettanto intensa in entrata, a beneficiarne sarebbe, a livello macro, il sistema paese, che incrementerebbe la dotazione di intelligenze ed energie che lo rendono aperto al mondo e competitivo, e a livello micro, i giovani stessi che amplierebbero le opzioni possibili coniugando la scelta di andare con l’opportunità di tornare con successo.
Per approfondire: Rosina A. (2014), “La circolazione inceppata dei giovani talenti italiani”, in Rapporto italiani nel mondo 2014, Fondazione Migrantes, pp. 280-288,Tau editrice.
11 miliardi sul pianeta e l’incerto destino dell’Africa
Molti osservatori non esperti si sono quindi chiesti fino a che punto possiamo fidarci delle previsioni.
L’arte di prevedere il futuro
Alcune considerazioni possono essere d’aiuto. La prima è che per definizione le previsioni sono sbagliate. Nessuno conosce il futuro. Rimane però vero che ammontare e struttura della popolazione non cambiano repentinamente, fatti salvi eventi catastrofici. C’è quindi un fattore inerziale che aiuta a costruire scenari affidabili nel breve e medio periodo, ma nel lungo termine l’incertezza rimane alta. Tanto per fare un esempio, possiamo facilmente prevedere la popolazione italiana nel 2014, dato che sarà composta soprattutto da persone già presenti oggi, ma molto più complicato è sapere quanti e come saremo nel 2114. L’unico modo per difenderci da questa incertezza è aggiornare continuamente le previsioni tenendo conto dei cambiamenti in corso.
Una seconda considerazione riguarda il fatto che le variazioni maggiori coinvolgono un insieme limitato di paesi, in particolare quelli con fecondità molto elevata. Sono in tutto 31, di cui 29 in Africa. Difficile allo stato attuale capire quando e con che rapidità si realizzerà anche per essi la transizione riproduttiva.
I giovani senza lavoro e il futuro che si meritano
Le promesse e i fatti
Insomma, dai politici non sono mancate le promesse di miglioramento della condizione delle nuove generazioni. A mancare continuano però ad essere i fatti, a giudicare dalla persistente difficoltà dei giovani sia nel trovare e creare lavoro, che, conseguentemente, nell’avviare un proprio progetto di vita autonoma.
Mentre nel resto d’Europa a lavorare è la gran parte di chi ha tra i 18 e i 29 anni, da noi è solo una minoranza a farlo: il tasso di occupazione era il 48% nel 2005 ed è sceso nel 2012 sotto il 40%. Anche il tasso maschile si è inabissato sotto la soglia del 50% e si trova attualmente vicino al 45% (al 33% quello femminile). Oltre 10 punti sotto la media europea.
Si accentua quindi ulteriormente il paradosso di un’Italia che non solo ha meno giovani rispetto agli altri paesi avanzati, ma li rende anche meno attivi e partecipativi nella società e nel mercato del lavoro (di conseguenza più passivamente dipendenti economicamente dai genitori).
Sul significato dell’essere giovani e disoccupati in Italia
Che i giovani siano sempre di meno lo abbiamo detto e documentato molte volte in questo sito, ragionando anche su cause e implicazioni (si veda anche l’ebook per un italia che riparta dai giovani: analisi e politiche. E una conversazione con Fabrizio Saccomanni ).Datagiovani è tornata in questi giorni sull’argomento confermando quanto ampiamente noto, ma con aggiornamenti sempre utili, ottenuti rielaborando i più recenti dati Eurostat. I dati su questo tema fanno, del resto, sempre effetto. La fascia 15-24 conta attualmente circa 6 milioni di persone, rispetto agli 8,9 milioni ad inizio anni Novanta. In termini relativi è scesa da oltre il 15 a circa il 10%. Venendo ai dati sull’occupazione, riferiti al 2011, il 73% dei giovani è fuori dal mercato del lavoro (4,4 milioni), mentre il dato europeo è del 57% (con l’Olanda è al 31% e la Germania al 48%). Gli occupati sono 1,2 milioni (19%) e quelli in cerca di lavoro poco meno di 500 mila. Tanti o pochi questi ultimi? Quasi il 30% sulla forza lavoro, circa 8% su tutti i giovani.