I giovani si sentono esclusi dalle scelte, così la generazione digitale è in trappola

Le dinamiche demografiche italiane, in assenza di adeguati correttivi, stanno spostando il paese verso un progressivo indebolimento del ruolo delle nuove generazioni nei processi di sviluppo e nelle scelte collettive. La conseguenza, per i giovani, è la percezione di non riuscire ad incidere sul futuro a partire dalle scelte di oggi e il timore di doversi adattare a un paese in cui sempre meno si riconoscono.

Per non morire di rendita

Non ho una visione così negativa (come quella di Di Vico, ndr) della città. Ci sono dei nodi da sciogliere, è evidente. Da un lato l’amministrazione è in difficoltà perché fa fatica a confrontarsi con l’attrattività che riescono ad avere le altre grandi città europee, anche perché è all’interno del contesto italiano e subisce i limiti delle politiche espresse dal paese.

Una trappola da evitare

(ESTRATTO)

E’ bene essere consapevoli che per la situazione in cui l’Italia si trova (come combinazione di persistente bassa fecondità e struttura demografica sbilanciata a sfavore delle nuove generazioni) la possibilità di dare impulso a una solida nuova fase che porti verso lo scenario alto si può ottenere solo allineandosi alle migliori esperienze europee.

Le esperienze europee ci dicono che l’aiuto economico è la leva più efficace come effetto di breve periodo per risollevare le nascite, perché consente di sbloccare – tanto più dopo una crisi e in condizioni di incertezza – una scelta lasciata in sospeso e continuamente rinviata. Ma affinché a tale impulso si agganci un effettivo processo di inversione di tendenza che prosegua nel medio-lungo periodo serve un processo di solido miglioramento di servizi e strumenti a favore delle famiglie e a sostegno delle scelte genitoriali (con monitoraggio e valutazione continua dell’efficacia rispetto ai risultati attesi).

La longevità è una chance, ma serve un welfare solido e funzionante

I dati recentemente pubblicati dall’Istat sulla natalità italiana risultano particolarmente preoccupanti perché vedono vincolato il nostro paese su livelli molto bassi senza alcun segnale di ripresa. Mostrano come la combinazione tra le difficoltà oggettive del presente e l’incertezza verso il futuro continui a bloccare la scelta di avere figli, con scarsa capacità delle politiche pubbliche di intervenire in modo efficace. L’Assegno unico e universale è uno strumento che va nella direzione giusta, ma la parte universale rimane molto debole e al di sotto delle migliori esperienze europee. Lo stesso vale per i congedi di paternità. Il potenziamento su tutto il territorio dei nidi, attraverso il PNRR, si confronta con difficoltà di implementazione proprio nelle aree che più ne hanno bisogno. Non c’è nessun paese con basso divario di genere nei tassi di occupazione e basso divario tra numero di figli desiderato e realizzato che non abbia investito in solide politiche di conciliazione. Non è un caso che l’Italia si trovi con la peggiore combinazione in Europa di tali due indicatori.

Rischi di un’Italia in crisi di nascite

Meno di un figlio e un quarto, è poco?

L’Istat ha reso ufficiale il dato della fecondità italiana nel 2022, che risulta pari a 1,24 figli. Dobbiamo considerarlo un dato basso? Quanto basso? Una prima risposta è che è tra i più bassi in Europa. Una seconda è che è molto inferiore al livello di 2,1 che corrisponde alla soglia di equilibrio nel rapporto quantitativo tra vecchie e nuove generazioni. La terza è che è molto lontano dal numero medio di figli desiderato (valore che varie indagini, comprese quelle Istat, collocano attorno a due).

C’è però un ulteriore motivo per considerarlo basso ed è legato all’effetto che ha sulle nascite. La persistenza della fecondità italiana su livelli molto inferiori alla soglia di equilibrio tra generazioni ha assottigliato le basi della piramide demografica, arrivando a erodere sempre di più la fascia in cui si fanno i figli. Ogni nuova generazione di potenziali madri risulta, pertanto, progressivamente più esigua. Ne consegue che più si va avanti nel tempo e più alla bassa fecondità corrisponderà un ancor più basso numero di nati.

Nel contempo, la longevità fa aumentare la popolazione anziana, cosicché le nascite in diminuzione rendono ancor più accentuati gli squilibri nel rapporto tra generazioni.

Le conseguenze di squilibri fuori controllo

Tutto questo significa che, per gli effetti che ne derivano, un numero medio di figli per donna pari a 1,24 è oggi ancor più grave che nei decenni precedenti e sarà ancor più grave nei decenni che ci aspettano.

In particolare, venticinque anni fa, a livelli di fecondità analoghi a quelli di oggi corrispondevano più di 520 mila nascite, mentre il dato attuale è inferiore a 400 mila (393 mila nel 2022). E se la fecondità dovesse rimanere sui bassi valori attuali, tra venticinque anni le nascite scenderanno a circa 340 mila. In più, venticinque anni fa i 75enni erano poco più di 480 mila, oggi sono oltre 650 mila e tra venticinque anni saranno più di 820 mila.

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