Le paure dei giovani italiani, i più pessimisti d’Europa

La crisi sanitaria ha rivoluzionato la quotidianità e proiettato in un clima di incertezza la vita delle persone. Ha anche reso più evidenti alcune nostre fragilità e rimesso in discussione alcune convinzioni. Se fino ad inizio di questo anno esisteva qualche pretesa che almeno la Lombardia si potesse misurare con le opportunità e l’efficienza della Germania, oggi è difficile poterlo ancora credere. L’incidenza degli anziani sulla popolazione tedesca è simile alla nostra, ma la letalità del virus risulta notevolmente più bassa, grazie ad una migliore gestione dell’emergenza (miglior organizzazione, massiccio uso di tamponi, maggior scorta di dispositivi di protezione, più alta disponibilità di posti di terapia intensiva). Questo significa non solo aver protetto meglio le vecchie generazioni dal rischio di morte, ma aver anche contenuto di più l’impatto indiretto sui percorsi formativi e professionali delle nuove generazioni.

Discontinuità e nuova normalità per superare il Novecento

Dopo un lungo preambolo, durato due decenni, nel post Covid-19 entreremo pienamente nel XXI secolo? Di certo alcune cruciali questioni, a lungo dibattute, su come andar oltre i limiti del modello sociale e di sviluppo del Novecento, hanno ricevuto una improvvisa accelerazione. Le modalità per affrontare la pandemia e tener sotto controllo il rischio di nuove ondate e nuovi virus, fanno diventare ineludibili (sia in termini culturali che operativi), i temi della sicurezza, della privacy, della salute pubblica diffusa, della gestione del sommerso, del governo della mobilità internazionale, dell’ambiente, del ruolo delle nuove tecnologie, delle competenze digitali e delle modalità di apprendimento. Il come si studia, si lavora, ci si sposta sul territorio, si coopera e si fa vita sociale dovranno fare un salto di qualità, in una direzione però anche tutta da indicare e favorire con strumenti adeguati.

CORONAVIRUS. Salute e lavoro, la fase 2 che serve ai giovani italiani

Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria si è assistito a una crescente attenzione verso i dati statistici. Gli statistici stessi si sono, come mai in passato, confrontati con l’attualità. Hanno risposto a una chiamata interna che li ha portati a uscire dalle mura accademiche e fornire le proprie competenze. La grande maggioranza degli sforzi prodotti è stata diretta ad alimentare una spasmodica corsa al modello meglio in grado di interpolare i dati ufficiali (su contagi, ricoveri in terapia intensiva, decessi).

Giovani e virus, l’età dell’incertezza

C’è un mondo nuovo da costruire dopo la crisi sanitaria. La pandemia, con i suoi rischi e le sue implicazioni ci costringe a farlo, forzandoci a rimettere in discussione molti dei punti di riferimento su cui era costruita la nostra quotidianità passata in termini di vita privata, sociale, scolastica, lavorativa. Ma questo tempo e questa prova possono essere trasformati in un’opportunità unica per guardarci individualmente dentro e guardare collettivamente oltre. La crisi ci dice, al massimo, cosa non possiamo più essere e fare, ma sta a noi decidere cosa diventare dopo questa esperienza. La Bibbia è piena di momenti di passaggio, di abbandono di un luogo e di una condizione per assumere l’impegno di un nuovo inizio. La Pasqua stessa ha alla base un desiderio di rinnovamento che trasforma quello che la realtà ci presenta come un fallimento o una perdita in rinascita che apre nuovi orizzonti di senso e di valore.

I nostri giovani disposti ai sacrifici: spinta a cambiare

E’ passato esattamente un mese da quando il lockdown è stato esteso all’intera penisola. Da allora viviamo tutti una comune condizione di spaesamento. Le due frasi più utilizzate in questo periodo sono state “andrà tutto bene” e “nulla sarà più come prima”, ma non abbiamo ancora chiaro come far stare assieme l’auspicio della prima con la consapevolezza della seconda.