There is no evidence of a COVID-19 baby boom in Europe – but there is of a bust

At the beginning of the SARS-CoV-2 pandemic there were hypotheses about whether the lockdown would result in a new ‘baby boom’. However, one of the consequences of this particular health emergency has been one of the most severe economic crises of the last century, with such events always being followed by a decline in fertility rates. So it is not surprising that the first empirical evidence available does not support the possibility of a lockdown baby boom.

Allarme caduta delle nascite, il calo aumenta sempre di più

L’Italia è tra i paesi che maggiormente rischiano di peggiorare le possibilità di crescita e le condizioni di benessere delle famiglie rispetto alla situazione pre-covid. Prospettiva ancor più preoccupante se si considera che già prima della Pandemia il quadro sociale ed economico era tra i meno positivi in Europa. Ma l’Italia può essere considerata anche tra i paesi con più margini di miglioramento se dopo il lockdown sarà in grado di reimpostare adeguatamente il proprio percorso di crescita valorizzando, finalmente, tutte le sue potenzialità. E’ la “speranza” richiamata dal Governatore Visco nelle ultime “Considerazioni finali”. Più però si tarda e più l’azione avversa della demografia rischia di trascinare irreversibilmente il paese fuori rotta.

Welfare: lavoro e silver economy

Uno dei motivi più indicati del perché Covid-19 abbia colpito l’Italia settentrionale in modo più severo rispetto al resto del paese è il maggior invecchiamento della popolazione. Altri fattori da considerare – al netto delle modalità con cui è stata gestita l’emergenza – sono la densità della popolazione, la mobilità interna, l’intensità delle connessioni internazionali, oltre che, come messo in luce da varie ricerche, l’inquinamento atmosferico. Da varie parti sono stati chiamati in causa anche fattori culturali.

Mamme e lavoro, le nuove garanzie al tempo del Covid

Quella che si celebra oggi è una festa della mamma molto particolare, che cade in un punto indefinito tra una vecchia quotidianità perduta e una nuova normalità tutta da reinventare. Consolidati strumenti di supporto e abituali punti di riferimento risultano messi in discussione.

Mentre non è ancora chiaro cosa verrà ripristinato, cosa verrà perso per sempre, e a cosa di nuovo bisogna prepararsi. Molte madri si trovano così, in questa fase di passaggio, a far fronte ad una combinazione tra inasprimento delle difficoltà oggettive e accentuazione dell’incertezza verso il futuro. Si ottiene un variegato mix di rinunce, complicazioni e insicurezza che colpisce, con dosi differenziate, tre condizioni che ruotano attorno alla relazione con i figli e al rapporto con il lavoro.

La prima è quella delle madri che si trovano a rinunciare alla propria realizzazione professionale. L’Italia, già prima della pandemia presentava una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro – come documenta un recente report del Laboratorio futuro dell’Istituto Toniolo – con valori ancor più bassi per le donne con bambini piccoli. Condizione che espone a maggior incertezza economica con corrispondente alto rischio di povertà infantile.
La seconda è quella di chi vorrebbe diventare madre ma, per mancanza di lavoro o per incerto percorso di carriera, si trova a rinviare continuamente tale scelta. L’Italia, già prima della pandemia, presentava uno dei tassi di fecondità tra i più bassi in Europa e una delle più tardive età al primo figlio. L’impatto di Covid-19 rischia di peggiorare notevolmente questo quadro, come mostrano le stime sulla natalità pubblicate dall’Istat. Mettere le donne nelle condizioni di poter realizzare – in modo integrato e con successo – scelte che generano valore sociale ed economico, deve stare alla base della nuova normalità se vogliamo trasformare, nei fatti e non solo a parole, la crisi sanitaria in una discontinuità positiva.

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Coronavirus, ultima occasione di una politica per le famiglie

Tutti auspichiamo di poter tra qualche anno ricordare l’epidemia di Covid-19 come una discontinuità che ha permesso al paese di mettere in discussione ciò che non funzionava e dare slancio ad una crescita solida su basi nuove. Dobbiamo, però, aver oggi ben chiara la consapevolezza che non è per nulla scontato che ciò avvenga e che non c’è nessun automatismo che spinga in tale direzione. Sarà possibile riuscirci solo con idee chiare su quale Italia vogliamo e possiamo essere, agendo con grande determinazione sulle potenzialità del sistema paese, sulle risorse da indirizzare, sulle capacità da valorizzare, sui desideri e le energie da mobilitare. Senza una forte volontà di riorganizzare e riorientare il processo di sviluppo, il rischio è quel-lo di passare dall’emergenza sanitaria ad un intreccio ingestibile di emergenza economica e demografica.