Tre dati in combinazione tra loro rischiano di inchiodarci ad un futuro di basso sviluppo e di impoverimento del sistema sociale. Il primo è la continua crescita della popolazione over 75, alla quale corrisponde, come ben noto, un aumento della spesa pubblica per pensioni, per cura e assistenza. Si tratta però di un dato in linea con la tendenza comune delle economie mature avanzate.
L’invecchiamento della popolazione e la condizione anziana
La Transizione demografica sta portando la popolazione in tutto il pianeta da livelli di elevata mortalità, caratteristici delle società del passato, a una longevità in continua espansione. Ne deriva anche il passaggio da una popolazione in cui gli anziani erano pochi a un’ampia presenza di persone in età avanzata. Siamo, detto in altre parole, nel mezzo della gestione del traghettamento dell’umanità verso la società matura o “società della longevità”. Questo grande mutamento demografico di fondo pone tre elementi di novità che vanno interpretati e gestiti nel contesto di uno sviluppo sostenibile integrato: la variazione del rapporto quantitativo tra generazioni, il cambiamento qualitativo delle varie fasi della vita, l’aumento della domanda di cura e assistenza in età anziana.
Il terzo elemento corrisponde alla parte più problematica dell’invecchiamento. Se sono in continuo aumento nel tempo le opportunità di un protagonismo attivo nell’economia e nella società dei sessantenni e settantenni, attualmente oltre gli ottant’anni si osserva, invece, una riduzione della capacità di fornire un contributo esterno. Oltre tale soglia diventa prevalente la necessità di ricevere sostegno anche per le proprie attività quotidiane. Gli over 80, infatti, sono la componente in maggior crescita quantitativa nella popolazione europea ed italiana. Papa Francesco è più volte intervenuto richiamando l’importanza di opporsi alla cultura della scarto (che porta “all’avvertire la presenza degli anziani come un peso” e “ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi”, come viene rispettivamente sottolineato in “Amoris Lætitia” e in “Laudato sì”), promuovendo, invece, una “cultura dell’incontro”, la quale implica prestare attenzione a tutti, specialmente a coloro che più sono emarginati, escludendo qualsiasi forma di discriminazione, di abbandono, di indifferenza.
Crollo nascite, più qualità (in classe) contro la dispersione: così comincia la risposta
Se la popolazione italiana è entrata in una fase di irreversibile declino dal 2014, a restringersi sono sempre più le nuove generazioni. Negli anni Settanta la classe di età demograficamente più consistente era quella degli under 10. Oggi è quella dei cinquantenni. I dati impietosi dell’inverno demografico ci dicono che gli under 10 sono scesi ai livelli della popolazione di 80 anni e più, ma risultano addirittura la metà rispetto alla fascia 50-59. Insomma, il declino dei giovani è ben anteriore al 2014 e ben più accentuato rispetto alla popolazione complessiva; al contrario gli over 65 sono in continua crescita.
Paese sprovveduto senza progetti di vita
Quel che manca all’Italia è soprattutto ciò che i giovani possono fare quando sono messi nelle condizioni ideali per dare il meglio di sé. Manca perché mancano i giovani. Ma i giovani mancano perché non trovano in Italia ciò di cui hanno bisogno. Il che li porta altrove. La perdita dei giovani per l’Italia è un triplo danno: il costo di averli formati; il mancato rendimento che si sarebbe ottenuto se fossero rimasti; il rendere più competitivi i Paesi con cui ci confrontiamo sul mercato internazionale. Secondo lo schema del saggio semiserio di Carlo M. Cipolla sulla stupidità, questo saldo negativo in uscita ci colloca nel quadrante degli sprovveduti (quelli che generano beneficio per gli altri con perdita per sé).
Europe’s demographic challenge: policies for sustainable generational renewal
The European population is entering a new phase of its demographic history, characterised by long-term decline and accelerated ageing. The dynamics of the demographic transition have led to increased longevity and declining birth rates, resulting in profound changes to the population structure. The reduction in mortality risks from birth to old age has brought the replacement level (the number of children required to replace parents) to around two. However, fertility rates have fallen below this level in most countries worldwide, leading to insufficient fertility to sustain generational replacement.