Correva l’anno 2012 ed eravamo nel bel mezzo di quella che verrà ricorda come la “Grande recessione”. Giornali e notiziari televisivi erano pieni di titoli sul continuo peggioramento del tasso di disoccupazione giovanile, suscitando grande preoccupazione per la condizione e il destino di una intera generazione. L’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo nasce in quell’anno con l’obiettivo di costruire uno strumento solido e continuo nel tempo di studio e analisi della realtà dei giovani con una metodologia di indagine ispirata alle migliori esperienze europee. Non solo in grado di fornire dati sulla condizione oggettiva delle nuove generazioni, ma di cogliere anche il loro sguardo soggettivo sulla propria realtà e sulle trasformazioni del proprio tempo.
Otto milardi di persone: le tre sfide del futuro demografico
“La Terra è ricoperta da una sottile pellicola di materia chiamata vita; il velo è straordinariamente tenue, così sottile che il suo peso può superare di poco un miliardesimo di quello del pianeta che lo sostiene (…). L’uomo fa parte di questo involucro sottile ed animato”. Quando Carlo Maria Cipolla scriveva questo testo – posto come incipit del volume “The Economic History of World Population” pubblicato nel 1962 – gli abitanti del pianeta erano poco più di 3 miliardi. Alla fine del XX secolo risultavano già raddoppiati. Oggi siamo oltre gli 8 miliardi.
Perché il lavoro femminile fa bene sia alla demografia che all’economia
Non c’è alcun motivo per pensare che due gemelli di sesso diverso che nascono oggi debbano trovarsi a metà di questo secolo, quando avranno 28 anni, con opportunità diverse di occupazione e remunerazione solo perché uno maschio e l’altra femmina. Nemmeno si può pensare che per aver stesse possibilità lavorative chi è donna debba rinunciare ad avere figli, come invece accade alle 28enni attuali. Il tasso di fecondità delle under 30 italiane è tra i più bassi in Europa e lo stesso vale per il tasso di occupazione femminile in età 25-29 anni. Quest’ultimo risulta attorno al 50% contro il 65% della Spagna, il 70% medio europeo, il 75% della Francia, con valori ancor più alti nel Regno Unito, in Germania e nei paesi scandinavi. Non migliora molto nella fascia tra i 30 e i 34 anni, dove la percentuale di occupate in Italia arriva al 57%, non riuscendo a recuperare nemmeno il livello medio europeo osservato nella fascia precedente.
La priorità di un Paese che non forma né assume i suoi pochissimi figli
L’Italia ha conquistato nello scenario mondiale un posto di punta nella transizione demografica quando, nella prima metà degli anni Novanta, è diventata il primo paese a trovarsi con le persone in età da pensione in quantità superiore a quelle in età scolastica. Nel dibattito pubblico e nell’agenda politica la questione demografica è entrata soprattutto come preoccupazione per il processo di invecchiamento della popolazione.
Per invertire la flessione delle nascite dobbiamo replicare il modello trentino
In questa legislatura si gioca l’ultima possibilità che ha l’Italia di invertire la tendenza negativa delle nascite. In caso contrario le nascite continueranno a ridursi anno dopo anno rendendo nel breve e medio periodo inefficace qualsiasi azione di contenimento del crollo della popolazione in età lavorativa. Anche i flussi migratori, infatti, pur rilevanti, risulterebbero del tutto insufficienti a compensare l’indebolimento della forza lavoro potenziale.