Negli ultimi decenni si è alleggerito fortemente il peso elettorale delle nuove generazioni. Oggi siamo in Europa il paese con peggior squilibrio tra anziani e giovani sul corpo elettorale.
E’ un problema questo? Ci sono due ordini di considerazioni da fare. Il primo riguarda il fatto che nuove e vecchie generazioni hanno visioni della realtà, valori, istanze, bisogni, non sempre coincidenti. Se anche i più anziani fossero così generosi da votare tenendo conto delle esigenze delle nuove generazioni, siamo certi che siano in grado di farle proprie e condividerle pienamente? Il voto (con peso crescente) di un 86enne è davvero in grado di rappresentare quello di un 16enne? Ma c’è anche una seconda considerazione da fare: le scelte collettive di oggi non riguardano solo il presente, producono ricadute negli anni e decenni successivi (si pensi al debito pubblico, all’uso di risorse non rinnovabili, agli investimenti su ricerca, sviluppo e innovazione sui quali siamo carenti). E’ quindi per principio giusto dare più peso e responsabilità a chi in futuro pagherà o beneficerà di più delle scelte fatte oggi. Compito delle generazioni mature non è sostituirsi alle scelte di quelle più giovani, ma mettere i giovani nelle condizioni di fare le proprie scelte (e imparare dai propri errori).
Si pensi al caso Brexit: la maggioranza dei giovani ha votato per il Remain. Tale scelta vincola soprattutto il futuro delle nuove generazioni ma è stata determinata dalla posizione contraria delle generazioni più anziane. E’ vero che molti si sono astenuti, ma rimane il fatto che se fosse stato solo per il voto degli under 30 il Regno Unito sarebbe rimasto in Europa.
Abbassare il voto a 16 anni va nella direzione di dare più peso alle nuove generazioni. Se a 16 anni è possibile lavorare e pagare le tasse, perché si è esclusi dal poter contribuire a decidere chi gestirà il bene pubblico? Possiamo considerare molti sedicenni e diciasettenni immaturi, ma una riforma a costo zero che li includa nelle decisioni collettive è un segno importante di fiducia verso di essi e di chiamata alla responsabilizzazione. Starà a loro poi farne il miglior uso. Per molti potrebbe anticipare un processo di aumento della consapevolezza di vivere in un paese che ha bisogno del loro contributo critico e del loro impegno sociale e politico. L’abbassamento del voto a 16 potrebbe anzi diventare l’occasione per un piano di potenziamento, nelle scuole e non solo, della formazione alla cittadinanza attiva.
Confrontiamoci pure sulle modalità, ma quello di cui davvero abbiamo bisogno è dare ai giovani maggiori strumenti per creare consapevolezza e contare nei processi di cambiamento del Paese.